“Sono stato sul posto dell’agguato, 500 metri dalla nostra parrocchia”. Inizia così il post di don Antonio Carbone, parrocco del Sacro Cuore, chiesa del rione Candelaro, dopo l’agguato mortale nei confronti di Agostino Corvino, ucciso in viale Giotto mentre festeggiava il compleanno.
“Sono le 23.00, nessuno si aggira nei dintorni, silenzio assoluto, solo la polizia sul posto – scrive don Antonio sui social -. Mi fermo all’imbocco della strada, le macchine che giungono vedono il blocco stradale e i lampeggianti della polizia e fanno retromarcia. Mi fermo lì per circa 15 minuti, nessuna delle circa 20 macchine trovando la strada bloccata abbassa il finestrino per chiedere cosa sia successo, perché ci sono le volanti. Solo silenzio e cambio di strada. Silenzio, silenzio e far finta di niente! Anche questa è Foggia”, evidenzia con rammarico.
A luglio scorso a l’Immediato, don Antonio commentò l’omicidio di Alessandro Scopece ucciso non lontano dal luogo dell’agguato a Corvino. Ai nostri microfoni dichiarò: “Purtroppo sappiamo benissimo che la criminalità a Foggia è ben radicata, occorre trovare la forza per rompere questa catena che va di generazione in generazione. Più che voglia di riscatto, vedo nella gente di Candelaro uno spirito di rassegnazione perché ci si sente abbandonati dalle istituzioni. Da una parte la criminalità organizzata, dall’altra ci troviamo di fronte ad una rete sociale e istituzionale non organizzata. E poi in questa zona i controlli sono scarsi. Non abbiamo visto nessun miglioramento dal giorno dell’omicidio. In alcune ore della giornata questo popoloso rione continua ad essere terra di nessuno”.
Dopo l’omicidio Scopece, don Antonio organizzò anche un sit-in per sensibilizzare la cittadinanza e invitare tutti a squarciare il velo di omertà. La strada è ancora lunga e impervia.
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