“Bisogna riconoscere le proprie responsabilità per chiedere perdono. Forse in circostanze diverse mi sarei sforzata di comprendere, di pensare che gli incidenti purtroppo accadono e che la mia Camilla fosse stata sfortunata. Ma è impossibile farlo, a causa di atteggiamenti privi di sentimento, rispetto e pietà verso una giovane vita. Non ci sono attenuanti! Non si cerchi di giustificare l’indifendibile!“. Lo scrive Roberta Abbruzzese, madre di Camilla Di Pumpo la ragazza deceduta il 26 gennaio scorso in un terribile incidente stradale in via Matteotti a Foggia, dopo aver letto la lettera pubblicata da un sito locale (firmata “una mamma”), nella quale si chiedeva il “perdono” e di “placare i toni” perché “un’altra famiglia sta soffrendo”, con l’aggiunta di una frase in chiusura: “Perdonare gli altri, non perché essi meritino il perdono, ma affinché voi meritiate la pace”. Per questo signora Roberta, che ricorda la figlia quotidianamente, ha affidato ai social il suo sfogo: “Nessuno di loro si è adoperato per prestarle soccorso – dice ancora -, hanno rilasciato false testimonianze, stravolto i fatti, la sfacciataggine di due di loro di andare al pronto soccorso per spillare quattro soldi all’assicurazione, ma nessuno per informarsi delle condizioni di Camilla. Si è sottratto all’alcol test e chissà a cos’altro, è rimasto sul luogo dell’incidente solo perché pratico di queste situazioni, sapeva come dover agire o per tempestive indicazioni a lui fornite, freddamente ha assistito all’agonia di mia figlia senza mostrare turbamento, colpa o disperazione, senza neanche fingere di mostrarsi sconvolto”.
E ancora: “Già dal giorno dopo era alla guida di un’altra macchina potente, scorrazzando per la città, nei locali, dal barbiere e a fare lo spaccone, cercando di giustificarsi dicendo ‘quella non mi ha dato la precedenza’. Che fosse positivo all’alcol test o che volesse provare il brivido dell’alta velocità si è dimostrato un criminale e un pericolo per la società e merita di essere punito. Come del resto suo padre che per proteggerlo si è autodenunciato, manifestando il suo grado di moralità e responsabilità, ma in fondo cosa ci si poteva aspettare da un personaggio in attesa di condanna penale nel processo per mafia ‘Decimabis’. E smettiamola di paragonare Camilla a questa famiglia, perché è offensivo, lei era una ragazza fuori dal comune, dolce, responsabile, premurosa, rispettosa, amante della vita e che viveva nella totale legalità, senza vizi e stravizi. Una ragazza da imitare, brillante, studiosa, capace di donare tanto amore, sorrisi e gioia a chiunque, una grande perdita non solo per la sua famiglia ma per l’intera società, al contrario del suo assassino, di quel ‘bravo ragazzo’, perfetto prototipo di una società ormai al limite e capace di fare solo il c******e. Non consento a nessuno di dire che si comprende e vive il nostro dolore, le due perdite non sono neanche lontanamente paragonabili, tutte le famiglie subiscono i propri lutti, ma Camilla è stata uccisa a 25 anni nel pieno della vita e noi siamo stati condannati all’ergastolo. Se fosse successo a loro sicuramente si sarebbero fatti giustizia da soli. Camilla credeva fortemente nella giustizia e voglio crederci anch’io”. Firmato “La mamma di Camilla”.
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