Ultime udienze infuocate nel processo a Giuseppe La Piccirella detto “il professore” o “Pinuccio il ragioniere” (in foto), nome storico della criminalità organizzata di San Severo. L’uomo, ritenuto dagli inquirenti ai vertici del clan Testa-La Piccirella, è imputato in “Ares”, dal nome della maxi operazione del 2019 contro la mafia sanseverese. Molti scelsero l’abbreviato e sono già stati condannati lo scorso anno dai giudici baresi, invece La Piccirella optò per il rito ordinario che è ormai alle battute finali nel Tribunale di Foggia.
Nei giorni scorsi sono stati sentiti tre testi della difesa tra cui Giuseppe Vistola detto “Fafum” che si è avvalso della facoltà di non rispondere in quanto imputato in un procedimento connesso non ancora terminato. “Fafum” sarebbe sia vittima di estorsione che correo. Ha invece parlato Vincenzo Nardino, figlio del boss Franco alias “Kojak”. Il teste, sospettato di essere un acquirente di droga da La Piccirella, ha specificato di non aver mai acquistato stupefacenti dal boss. Infine è stato sentito Antonio Florio il quale ha sottolineato di essere “un buon amico di La Piccirella” ma ha negato che l’imputato fosse promotore di azioni delittuose. Il boss era probabilmente informato dei fatti ma non anche ideatore delle condotte criminali. L’accusa, però, spinge su alcune intercettazioni che incastrerebbero il sanseverese, in particolare sul caso dell’estorsione ad un macellaio di San Paolo Civitate e sul racket ai danni di due albanesi trafficanti di droga che avrebbero pagato “il punto” a La Piccirella per poter spacciare. Florio ha ricordato di essere già stato condannato rimarcando la sua colpevolezza ma “vi dico in tutta tranquillità – ha concluso – di non aver avuto incarichi o ordini da La Piccirella”.
Colpo di scena al termine dell’udienza: il tribunale ha deciso di eliminare quasi tutti i testi della difesa revocando l’ordinanza ammissiva e concedendo solo gli ultimi tre indicati dagli stessi giudici. Una decisione legittima che ha provocato più di un malumore nello stesso La Piccirella secondo cui sarebbe stato violato il suo diritto a difendersi. L’imputato, in collegamento dal penitenziario di Teramo, ha anche chiesto la parola affermando che d’ora in poi non avrebbe più partecipato al processo convinto di avere ormai il destino segnato. Poi ha interrotto il collegamento. Il tutto è avvenuto nella legittimità dei poteri conferiti al tribunale ma la difesa sente di aver perso una chance per dimostrare l’innocenza del proprio assistito.
Il processo al boss va avanti spedito, nei prossimi giorni nuova udienza, poi discussione di pm e difesa, infine la sentenza prevista per fine anno. La partita si gioca tra la Dda di Bari rappresentata dalla magistrata Bruna Manganelli, grande esperta di mafia foggiana, e l’avvocato Luigi Marinelli legale del pregiudicato sanseverese. “Il professore” è accusato di mafia, traffico di droga, 5 imputazioni di spaccio, duplice tentato omicidio, 3 estorsioni, 4 tentativi di estorsione, gambizzazione, 9 imputazioni di armi, 3 di ricettazione e una di furto. L’imputato segue il processo dal carcere di Teramo dove è detenuto in regime di Alta Sicurezza. (In alto, La Piccirella; sullo sfondo, un’aula di tribunale)
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