San Marco in Lamis anche quest’anno ha ricordato la strage di mafia del 9 agosto 2017 tra Apricena e la stazione dismessa del paese garganico. Cinque anni sono passati da quella mattanza ma regna ancora il giallo su mandanti e killer. È stato invece condannato all’ergastolo, in primo grado, il basista.
Oggi alla cerimonia hanno partecipato, oltre ai familiari dei due contadini locali Aurelio e Luigi Luciani, uccisi quel giorno insieme al boss di Manfredonia Mario Luciano Romito e al cognato di quest’ultimo Matteo De Palma, tutte le massime istituzioni militari e civili, con intervento finale di don Luigi Ciotti, leader dell’associazione “Libera”.
“Non basta la memoria, la commemorazione. Bisogna andare oltre. Occorre massimo impegno da parte di tutti soprattutto dalle forze ordine per debellare la mafia in questo territorio. Serve la società civile. Fare memoria si, ma ancora di più impegnarsi per tutelare il territorio e ripristinare legalità”. È il procuratore di Foggia, Ludovico Vaccaro ad alzare la voce. “I risultati ci sono stati e nei prossimi giorni sentirete altre novità. Una cosa è certa, ci sono evidenti segni di cedimento all’interno della criminalità organizzata e anche all’interno della società civile. Noi squadra Stato vi promettiamo il massimo impegno, ma anche voi dovete farlo”.
Poi l’intervento di don Ciotti. “Abbiamo la responsabilità di non tacere. In Italia l’80% dei familiari delle vittime innocenti di mafia non conosce la verità. È grave. Il Gargano, la Capitanata sono terre martoriate ed hanno bisogno di riscatto. Basta parlare di antimafia e di legalità solo per farsi notare. C’è abuso di queste parole, soprattutto quando le sento da gente imparentata con i mafiosi. E poi la politica dove è? Deve affrontare questi temi altrimenti non è politica”.