Cinque anni sono trascorsi dal massacro del 9 agosto 2017 a San Marco in Lamis. L’associazione antimafia “Libera” si prepara a ricordare quei tragici avvenimenti attraverso un’iniziativa nei pressi del luogo dell’agguato.
“È essenziale esserci, è essenziale essere tanti e restare uniti per una battaglia che possiamo vincere solo insieme”, dichiarano da Libera.
“Io sento, io vedo, io parlo: lo slogan scelto per il quinto anno. Un grido forte di sprone alla cittadinanza e alle istituzioni a lavorare costantemente per dire no alle mafie e a tutte le forme di sopraffazione e negazione di diritti. Confermata la presenza di don Luigi Ciotti (leader di Libera) e di tutti i presidi cittadini di Libera della provincia di Foggia. Tante le organizzazioni che hanno aderito e saranno presenti. Confermata anche la presenza di Tano Grasso, presidente onorario della FAI (Federazione Antiracket Italiana)”.
Libera ha inoltre predisposto un questionario per rilevare la percezione della legalità dei cittadini tutti, in particolare dei giovani sul tema delle mafie e della giustizia sociale. “Il questionario – scrivono dall’associazione – è anonimo ed è accessibile dal seguente link: https://forms.gle/rTpfevPhfjkb5ywh8 ed invitiamo tutti a partecipare numerosi al fine di poter poi elaborare i dati estrapolati e riflettere insieme promuovendo proposte concrete”.
Questo il programma della giornata: alle ore 8 celebrazione eucaristica, commemorazione e deposizione corone presso la vecchia stazione di San Marco in Lamis, luogo della strage. Interventi delle istituzioni, dei familiari e con la partecipazione e chiusura di don Luigi Ciotti;
Alle 20 in villetta comunale l’incontro di condivisione e confronto con i cittadini e presentazione dei risultati del questionario.
Il punto sulle indagini
Al momento per la strage di San Marco del 2017, costata la vita al boss di Manfredonia Mario Luciano Romito, al cognato Matteo De Palma e ai contadini Aurelio e Luigi Luciani, è stato condannato all’ergastolo in primo grado Giovanni Caterino, 42enne detto “Giuann Popò”, ritenuto dagli inquirenti un membro del clan montanaro Li Bergolis-Miucci-Lombardone ed accusato di essere il basista dell’agguato.
A quanto pare, l’organizzazione criminale dei montanari intendeva vendicare il tradimento di “Orti Frenti” del lontano 2003 quando Mario Romito e il fratello Franco, ucciso nel 2009, fecero piazzare alcune cimici nella masseria allo scopo di incastrare gli “amici-nemici” Li Bergolis. Stando alle recenti indagini, non si può escludere che il boss manfredoniano sia stato inoltre tradito da alcuni vecchi sodali che ormai vedevano in lui un personaggio ingombrante da eliminare.
Novità sono emerse anche in merito alla figura dei fratelli Luciani sui quali già da tempo trapelavano notizie su un loro possibile ruolo in quella tragica mattina. Indicati fin da subito come testimoni involontari della mattanza, in realtà non si sarebbero trovati lì per caso. Il pentito Andrea Romano ha fornito agli inquirenti una storia diversa appresa in carcere da Emiliano Francavilla, boss foggiano e storico alleato proprio dei Li Bergolis. “Mi ricordo che due persone… mi ricordo che due persone che dicevano che non c’entravano niente, e mi disse Francavilla, disse: ‘Com’è che non c’entrano niente – disse -, gli mantenevano le armi’ – mi dice -. E quando Romito stava andando in campagna per prendere le armi – dice -, fu fatta lì per lì l’esecuzione. Tanto è vero che entrarono con la macchina in campagna. Me ne parlò di questo omicidio, si. E li crivellarono di colpi, si”.
Al momento è in corso il processo di secondo grado a carico di Caterino dinanzi ai giudici della Corte d’Appello di Bari. I tempi del procedimento penale si stanno dilungando alla luce del pentimento di alcuni pregiudicati garganici (i verbali sono stati acquisiti nel processo) che stanno fornendo ai magistrati molte informazioni utili sulla guerra di mafia in provincia di Foggia. I recenti collaboratori di giustizia fanno tutti parte del clan di Mario Romito, oggi guidato dal 52enne Matteo Lombardi, mentre regna la massima omertà nel gruppo rivale dei montanari.
Fitto mistero su mandanti e killer della strage del 2017. Uno degli esecutori materiali, stando alla ricostruzione del pentito Carlo Magno, sarebbe Saverio Tucci, narcotrafficante del clan Li Bergolis detto “Faccia d’Angelo”. Ma Tucci venne ucciso, proprio da Magno, nell’ottobre dello stesso anno per un affare di droga andato male. Ignoti gli altri componenti del commando.
Seguici anche su Instagram – Clicca qui