Via al dibattimento per Donato Delli Carri e soci, imputati nel maxi processo alla mafia foggiana, “Grande Carro”. Quarantuno gli imputati complessivi: dodici hanno scelto l’abbreviato e sono a giudizio a Bari; ventinove, tra i quali i principali indagati, hanno optato per il rito ordinario in corso presso il Tribunale di Foggia davanti alla giudice Cesarano (a latere Mannini e Benigno).
“Grande Carro”, dal nome dell’operazione antimafia dell’ottobre 2020, riguarda essenzialmente il clan Delli Carri, costola della batteria Sinesi-Francavilla della “Società Foggiana”. Presunto vertice del gruppo criminale, a parere degli inquirenti, Donato Delli Carri, killer dell’imprenditore edile Giovanni Panunzio, ucciso nel 1992 per non essersi piegato alla criminalità organizzata e nipote del boss Roberto Sinesi detto “lo zio”. Tra gli imputati anche Franco Delli Carri detto “U’ malat”, secondo l’impianto accusatorio a capo del gruppo criminale insieme al fratello Donato.
Novità di oggi, la richiesta di costituzione di parte civile del Comune di Foggia che va ad aggiungersi a quelle – già accolte – di Regione Puglia, Agea (Agenzia di erogazione dei contributi comunitari) e associazione antimafia “Panunzio”. Prossima udienza a marzo.
I professionisti coinvolti nel “caso De Benedictis”
Il clan è accusato di una lunga serie di reati, dalle estorsioni fino alle truffe all’Unione Europea, messe in atto grazie a professionisti compiacenti. Tra questi, l’imprenditore agricolo Antonio Ippedico e l’avvocato Michele Pio Gianquitto, finiti anche nell’inchiesta sulle presunte mazzette al giudice De Benedictis, quest’ultimo accusato di aver disposto provvedimenti di favore per alcuni arrestati in cambio di denaro. Nella lista degli imputati anche Luciano Cupo, fedelissimo del boss Sinesi e Cristoforo Aghilar, killer e rapinatore di Orta Nova, già a processo per il femminicidio dell’ex suocera.
Le accuse al clan
Stando alle carte dell’inchiesta, ordinanza cautelare di oltre mille pagine, l’organizzazione criminale “avrebbe commesso delitti in materia di armi, esplosivi e munizioni, contro il patrimonio, la vita e l’incolumità individuale, in particolare estorsioni, usure, sequestro di persona, incendi, danneggiamenti, truffe ai danni dell’Unione Europea, reimpiego di denaro di provenienza illecita in attività economiche, corruzione e coercizione elettorale, intestazione fittizia di beni”.
Il gruppo di Delli Carri e soci avrebbe “acquisito direttamente e indirettamente la gestione e/o il controllo di attività economiche nei settori edilizio, movimento terra, ristorazione, giochi e scommesse. Avrebbe inoltre acquisito appalti pubblici e privati e procurato voti in occasione di competizioni elettorali, convogliando in tal modo le preferenze su candidati vicini ai boss in cambio di progettate utilità”. (In alto, Donato e Franco Delli Carri in una foto di 20 anni fa; sotto, Cupo e Aghilar)