È diventata virale, a Mattinata, una denuncia comparsa sui social network che vede protagonista il parroco della chiesa Santa Maria della Luce, il solito don Luca Santoro. Il sacerdote, finito sulle cronache già in passato, si ritrova al centro delle polemiche in quanto avrebbe rifiutato di leggere un biglietto contenente un breve messaggio per un giovane defunto, restituendolo alla madre ignara. “Mattinata, cittadina baciata dal sole del Gargano ma non dalla Chiesa”, si intitola la lettera aperta di Severa Bisceglia rivolta a don Luca ed inviata a Papa Francesco.
“La natura ha premiato questo paese di seimila abitanti circa, gente operosa e ingegnosa, dotata di grande spirito di solidarietà e dignità. Non posso dire altrettanto del ruolo della chiesa, in questo momento storico rappresentata dal parroco don Luca Santoro che non ho avuto il piacere di conoscere -. Mi rivolgo direttamente a lei don Luca, senza ipocrisie né riserve di sorta. Non so se mi leggerà, ma posso confidare nella solerzia di almeno uno dei suoi parrocchiani. La chiesa dovrebbe accogliere a sé le ‘pecorelle smarrite’, dare conforto alle persone bisognose. Corre l’obbligo di una premessa, le scrive una donna non atea, scelta che porterebbe dentro di sé una certezza, ovvero l’assenza di Dio, troppo umana per tanta certezza. Sono agnostica perché incapace, sin dalla nascita, di far mio un assioma. Per me vale un solo dogma, quello scientifico. E se mai sentissi la necessità di cercare delle risposte ai miei tanti perché, so di non dovermi affidare a lei. Sono comunque una persona che rispetta in modo assoluto ogni tipo di fede. Rispetto i fedeli, molto meno la chiesa in chiave politica atta a reclutare fedeli e quindi danaro. Sì don Luca, pare che il danaro, anche nella chiesa, attiri molto più dello stesso Dio per il quale, se esiste, nutro il massimo rispetto. Detto questo, le spiego la necessità di rivolgermi direttamente a lei, spero in modo rispettoso. Il 27 novembre di un anno fa, muore un giovane uomo di 39 anni, Giuseppe Cassese, cittadino anche mattinatese. Una persona, per inciso, credente e praticante come l’intera famiglia Cassese e Bisceglia, ad eccezione della scrivente. Quando dico praticante, parlando di Giuseppe, intendo operativo direttamente sul campo, con i fatti e non presentandosi ipocritamente alla messa della domenica. Un uomo che ha passato il suo tempo libero, il Natale o la Pasqua, nelle ‘trincee’, nei ghetti dei cosiddetti disadattati e bisognosi, servendo loro pasti caldi, carezze, abbracci o solo sorrisi… il cosiddetto conforto, quello che non costa nulla”.
“Giuseppe – ricorda la familiare – ha passato molte notti in giro per la città che lo ospitava a spiegare alle giovani donne quanto fosse sbagliato vendere il proprio corpo per strada a maschi (volutamente non ho usato il termine uomo) che ipocritamente frequentano anche la chiesa, perché no! Non aggiungo altro, chi ha frequentato Giuseppe, ha conosciuto anche le sue prerogative. Ieri, ad un anno dalla sua morte, le è stato chiesto dalla sua famiglia la messa in suffragio del nipote, del fratello, del figlio Giuseppe. Personalmente condivido poco questo tipo di richiesta, limitarsi semplicemente a pronunciare il nome del defunto alla fine di una normalissima cerimonia religiosa è tanto inutile quanto poco confortevole per chi porta dentro il dolore della perdita di un figlio. Ma la fede è anche questo e, pur non condividendo, mi attengo all’assoluto rispetto. Nonostante le tante dichiarazioni del Papa in tal senso, ancora molte chiese, non solo quella di Mattinata, continuano ad aggiornare un listino dei prezzi delle varie funzioni. Nella messa celebrata ieri è stato menzionato, non da lei, il nome del defunto Giuseppe Cassese ed ha ritirato la classica busta ‘offerta’ dalla madre. Qualche giorno prima, la sorella di Giuseppe le ha consegnato un bigliettino con poche righe scritte a penna, un messaggio rivolto al fratello mancato, poche righe di cui gli stessi genitori ignoravano l’esistenza. Lei ha subito dichiarato alla stessa il suo dissenso, non avrebbe letto quelle poche righe ed ha tentato di rendere lo stesso bigliettino. La sorella di Giuseppe si è rifiutata, sperando in un suo ripensamento, chiedendole di rendere il biglietto direttamente e personalmente a sua madre in occasione della messa. Alla fine della funzione, lei ha avuto il coraggio di consegnare il bigliettino nelle mani ignare di una madre che ha avuto, in quel momento, l’illusione di ricevere un suo messaggio di conforto indirizzato direttamente alla sua famiglia, non pubblico. Don Luca, a questo punto le chiedo, quale reato o peccato avrebbe commesso leggendo quelle poche righe? Lei è un sacerdote, questo è un assunto, ma in questa occasione ha dimostrato di non essere un buon Pastore”.
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“In quel rifiuto – prosegue la lettera -, restituendo quel bigliettino, lei ha fallito don Luca. In quanto sacerdote non so, ma in quanto Pastore ha senza dubbio fallito e quel che è peggio, a mio modo di vedere, ha fallito soprattutto come uomo, ha toppato alla grande. Al di là dell’abito che indossa, la sua totale assenza di empatia, esimio don Luca, ha leso la dignità di una donna (a quella di madre ci ha già pensato il suo Dio) che in quel momento aveva solo bisogno di conforto, quello stesso dono a costo zero che elargiva mio nipote. Sì, Giuseppe Cassese è anche mio nipote. Ma non le scrivo perché la poca umanità che l’ha resa protagonista, suo malgrado, in questa circostanza mi ha toccata personalmente, sono consapevole che il don Luca Pastore si è reso già protagonista in tantissime altre occasioni di tanta poca umanità. Le scrivo oggi perché posso farlo senza usare il condizionale, la fonte e la sua totale assenza di umanità, in quanto Pastore, e di empatia in quanto uomo, è accertata. È questa l’unica ragione che mi porta a scriverle oggi. E se fossi stata presente in chiesa ieri, avrei trovato il modo di parlarle dopo la funzione, in privato e con lo stesso rispetto di questa mia, almeno spero. Leggere un messaggio di poche righe le sarebbe costato zero come sacerdote, come Pastore e soprattutto come uomo, l’unico costo che avrebbe sostenuto… un minimo di conforto a gente bisognosa, a due genitori precipitati nell’abisso della perdita prematura di un figlio. Un vero Pastore non dovrebbe fare anche questo? Non confido in una sua replica, ma in un riscontro del Santo Padre sì – conclude la lettera -. Vorrà perdonarmi se la presente è stata inviata prima al Papa, non per presunzione ma per ricevere almeno una risposta ai miei tanti perché. La saluto con cordialità, don Luca”. (In alto, il papa con don Luca)