Era il 24 aprile scorso, quando i carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Bari, nell’eseguire le ordinanze restrittive a carico dell’avvocato Chiariello e dell’ormai ex giudice Giuseppe De Benedictis, rinvenivano un vero e proprio tesoro celato all’interno di tre comunissimi zaini custoditi presso l’abitazione di Alberto Chiariello, figlio dell’avvocato Giancarlo. La perquisizione fu eseguita nell’ambito dell’inchiesta condotta dalla DDA della Procura della Repubblica di Lecce che ha messo in luce un longevo e collaudato accordo corruttivo tra l’ex magistrato del Tribunale di Bari e l’avvocato Chiariello in base al quale, in cambio di cospicue somme di denaro contante, proprio il De Benedictis emetteva provvedimenti “de libertate” a favore degli assistiti dell’avvocato, per lo più affiliati a consorterie mafiose delle province di Bari, Foggia e Lecce. I carabinieri scoprirono, in quell’occasione, che nell’appartamento del figlio vi erano occultati oltre un milione e 115 mila euro, tutti in contanti e suddivisi in banconote di vario taglio.
Durante l’interrogatorio di garanzia l’avvocato Chiariello, oggi ai domiciliari, dichiarò che quel denaro rappresentava “i risparmi di una vita”, risparmi da “destinare ai figli” e che aveva deciso di non custodire presso la sua abitazione nel timore dei tanti furti in appartamento verificatisi nel quartiere ove dimora. Ma la giustificazione addotta non è stata ritenuta credibile e così, questa mattina, in esecuzione del decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca emanato dal gip presso il Tribunale di Lecce su richiesta della DDA della Procura della Repubblica di Lecce, i militari della Sezione specializzata in indagini patrimoniali del Reparto Operativo dei carabinieri di Bari hanno posto un ulteriore vincolo a quella spropositata e ingiustificata somma di denaro contante.
L’ipotesi investigativa della magistratura leccese e dell’Arma del capoluogo pugliese è infatti suffragata da incontrovertibili dati di fatto. I minuziosi accertamenti patrimoniali svolti dai carabinieri sono riusciti a documentare un’enorme sproporzione tra i redditi dichiarati negli ultimi dieci anni dell’intero nucleo familiare del noto avvocato barese e le evidenze patrimoniali, quantificata in oltre 950mila euro. Il gip di Lecce, condividendo la proposta dell’autorità giudiziaria inquirente, basata sul solido compendio indiziario acquisito dall’Arma dei Carabinieri, ha ritenuto che tale sproporzione, priva di giustificazioni, sia attribuibile ai gravissimi reati contestati a Chiariello ai danni dell’amministrazione della giustizia.