La lotta alla mafia prosegue, i maggiori boss sono in cella, ma ora serve uno slancio culturale della società civile. Occorre più consapevolezza, più coraggio. Questi, in sintesi, i temi dell’incontro di ieri sera nell’aula magna dell’Università di Foggia, sede di via Caggese, focalizzato su mafia e antimafia. Presenti il procuratore nazionale Cafiero De Raho, il pm della Dna Gatti, il capo della DDA di Bari Rossi, il procuratore di Foggia Vaccaro e il sostituto procuratore Laronga. Al centro, il leader dell’associazione Libera, il carismatico don Ciotti.
Per Vaccaro è tempo che “la società civile reagisca, ma devono farlo soprattutto gli imprenditori. Qualcuno ha avuto il coraggio di vincere la paura. Ora siano di esempio per altri. Non basta denunciare, bisogna abbandonare ogni timore”. Rossi, appena insediatosi alla DDA di Bari ha spiegato che “Foggia ha bisogno, ora più che mai, della nostra presenza. Ci dovremmo vergognare se non dessimo il massimo”.
Gli interventi sono stati intervallati dal prefetto Carmine Esposito che alla platea si è rivolto così: “Evitiamo processi di normalizzazione della mafia su questo territorio. Tre mesi fa sono salito su un treno in corsa, un treno della legalità. Andremo fino in fondo per riacquistare la fiducia dei cittadini onesti che non meritano di essere di serie b”.
Laronga, nel suo appassionato intervento, ha ricordato le parole del gip riguardo all’archiviazione del caso Marcone, il funzionario ucciso dalla mafia foggiana nel 1995. “Il gip scrisse che un concreto contributo poteva arrivare da soggetti appartenenti ad un circuito sano”, ma che questi “sono venuti meno al dovere civico di collaborazione”. Da allora “poco è cambiato, anzi c’è stato un impoverimento etico della comunità. Qui in troppi si fanno gli affari propri, persone che vestono anche cariche pubbliche ma poi non adempiono ai loro doveri con disciplina. L’antimafia non va fatta solo nelle aule di giustizia, ma in campo educativo. C’è ancora troppo negazionismo in molte zone della provincia”.
Gatti, grande esperto di mafia foggiana e garganica, ha parlato dell’evoluzione dei clan: “Ora questa criminalità è nota pure ad Amsterdam. A Tirana, in Romania e in Germania. Cosa sono le mafie foggiane è noto ai commercianti che conoscono purtroppo molto bene il ‘sistema Foggia’, caratterizzato da estorsioni ambientali e silenti, come se il pizzo fosse una cartella esattoriale. La denuncia qui è vista ancora come una colpa grave. Ed ora la mafia foggiana la stanno conoscendo pure i bambini (in riferimento ai recenti agguati di San Severo, ndr)”. Secondo Gatti, la criminalità organizzata di Capitanata è sempre più transnazionale ma è anche riferimento per camorra e ‘ndrangheta che nel Foggiano si riforniscono soprattutto di droga. Nel frattempo, su questo territorio si sta sviluppando un modello consortile, i clan sono consapevoli di dover evolvere anche dal punto di vista organizzativo. Hanno ormai messo da parte la mafia militare preferendo quella degli affari così da spartirsi il profitto. Il modello è quello della ‘ndrangheta, diviso in federazioni”. Eppure le azioni repressive in questi ultimi anni sono state tante: “Oltre 400 arresti dal 9 agosto 2017, giorno della strage di San Marco. Sequestri imponenti di armi e droga. I collaboratori di giustizia stanno tornando. A tutto questo mancano solo i cittadini. Serve un’operazione di incontro. Bisogna superare la logica dell’isolamento, anche in questo senso devono far riflettere gli scioglimenti di ben cinque comuni”.
“Per questo territorio si sta facendo tanto – ha detto Cafiero De Raho –, c’è una convergenza di professionalità che sta dando grandi risultati. Certamente Foggia ha bisogno di un forte sostegno da parte dello Stato, poi occorre che il cittadino sia cosciente e consapevole. Senza denuncia le indagini durano anni, se ci fossero si interverrebbe immediatamente”. Poi sulla DDA a Foggia: “Il coinvolgimento della DDA di Bari è tale da vedere spesso i magistrati a Foggia. C’è una tale collaborazione e vicinanza così stretta che parlare di procura foggiana e distrettuale è come parlare della stessa cosa”. Infine sulle infiltrazioni mafiose: “Preoccupante la continuità dell’amministrazione pubblica negli ultimi anni. A Foggia ben 15 amministratori erano gli stessi eletti già nel 2014. Già questo evidenzia l’esigenza di un ulteriore intervento affinché infiltrazioni di questo tipo non ci siano più”.
Chiosa affidata a Ciotti che ha tuonato: “Basta con la retorica della legalità. Non diventi la carta di identità di qualcuno. Ci sono persone che si sono nascoste dietro questa parola promuovendo anche cortei”. E ancora: “Non mi piace la parola antimafia, noi dobbiamo diventare lottatori per la vita. Ed è necessario un grande impegno sociale, educativo e culturale. La cultura è responsabilità. Servono presidi giudiziari e culturali più vicini a questa popolazione. L’Italia – ha concluso – è agli ultimi posti per povertà educativa e dispersione scolastica”.