C’è un fascicolo aperto per istigazione al suicidio dopo la morte di Giuseppe Antonio Gelsomino, 21 anni, trovato senza vita, ucciso da un colpo d’arma da fuoco a bordo del pattugliatore della Marina Militare ormeggiato a Brindisi.
La famiglia chiede di conoscere la verità.
La Procura di Brindisi ha disposto l’autopsia. L’arma da dove è partito il colpo sarebbe stata trovata non lontano dal corpo del giovane, originario di Foggia ma vissuto a Lanciano.
Il cordoglio della Marina
Il capo di Stato Maggiore della Marina Militare, ammiraglio di squadra Giuseppe Cavo Dragone ha espresso “cordoglio a nome di tutta la Forza Armata ai familiari che sono stati avvisati. Il militare era un volontario in ferma prefissata di un anno”.
Il post della sorella
Ma su Facebook la sorella di Giuseppe racconta qualcosa di diverso. In un lungo e drammatico post la ragazza scrive: «È morto mio fratello. Non so come, non so quando, non so perché. Chiamo e non mi fanno sapere nulla di concreto. Ho un forte dolore nel cuore. Raccolgo i miei genitori da terra. Il dolore è troppo forte. Ora compaiono notizie sui giornali e in televisione ma a noi nessuno dice niente. Cos’è successo? Cosa sta succedendo? Questo è quello che vorrei scrivere io. Questa è la pena che vorrei leggessero tutti. Perché nessuno parla di cos’è successo dietro le quinte? Chi è Gelsomino Giuseppe? E cosa ne è stato della famiglia? A chi sono arrivate queste condoglianze? E come?», si sfoga Giorgia Gelsomino.
L’ipotesi del suicidio come un fulmine a ciel sereno
«Si parla di condoglianze ma la famiglia è dovuta venire a sapere di questa ipotesi dalla televisione e dai media. La famiglia si è dovuta sentir dire dopo diverse telefonate «signorina non mi metta in difficoltà. Risponderò a ciò che posso rispondere». Nessuna fotografia. Nessuna informazione in più. Io non mi sento tutelata. La mia famiglia non si sente tutelata».
Le condoglianze arrivate via telefono, tramite Whats App, Giorgia racconta che alla famiglia è stato detto di non raggiungere Brindisi: “Inutile che veniate fin qui. Non potete vederlo”; le mancate comunicazioni e tanto bisogno di conoscere la verità e di rispetto per questo ragazzo nato a Foggia e cresciuto per 18 anni a Lanciano, in Abruzzo. Un ragazzo pieno di vita e di progetti. La famiglia Gelsomino vuole la verità. Anche il Siulm-Sindacato Unitario Lavoratori Militari chiede giustizia sulla morte del militare della Marina. (fonte quotidianodipuglia)