“Quasi in concomitanza con l’arrivo dei garanti dei detenuti a Foggia, ancora un episodio di aggressione a poliziotti da parte dello stesso detenuto che nei giorni scorsi ha prima tentato il suicidio, poi ha appiccato il fuoco alla stanza, per poi aggredire un poliziotto”. Lo riporta una nota stampa del Sappe, sindacato autonomo di polizia penitenziaria.
“Infatti ieri pomeriggio verso le ore 17 sempre lo stesso detenuto, per futili motivi cominciava ad inveire con il poliziotto in servizio pretendendo di parlare con il responsabile. All’arrivo dell’ispettore e sovrintendente il detenuto metteva fuori una lametta di quelle autorizzate per la barba, minacciando i presenti. Al fine di evitare ulteriori situazioni di pericolo i poliziotti cercavano di calmare il detenuto e nel contempo di toglierli la lametta dalle mani. A ciò lo stesso reagiva con un morso sulla mano di un poliziotto che ha richiesto una prognosi di dieci giorni, mentre gli altri due se la sono cavata con due e sei giorni. Come è possibile che il detenuto in questione dopo quello che ha commesso nei giorni scorsi, è ancora ristretto a Foggia? Cosa deve ancora accadere prima che l’amministrazione penitenziaria prenda i dovuti provvedimenti, e mandarlo in un centro specialistico visto che il detenuto in questione ha seri problemi psichiatrici?”
E ancora: “Ritornando poi ai garanti che stanno seminando tensione all’interno delle carceri pugliesi (con Foggia in testa), esagitando gli animi dei detenuti per poi raccogliere denunce contro gli agenti, vorremmo chiedere ai questi paladini senza macchia, in questi casi come ci si deve comportare? Questo clima sta portando i primi frutti amari, poiché a Bari tre poliziotti mandati all’ospedale con varie prognosi da un detenuto psichiatrico, sono stati denunciati dallo stesso! Il Sappe non ci sta e combatterà con tutte le sue forze contro aberrazioni giocate sulla pelle dei poliziotti penitenziari, già sottoposti a carichi di lavoro massacranti per tenere in piedi le carceri, per promuovere la carriera di qualcuno”.