Prosegue il processo per la tentata estorsione a Lazzaro D’Auria, imprenditore agricolo vittima della mafia foggiana, attualmente sotto scorta per aver denunciato i criminali. Alla sbarra Giovanni Putignano, 43enne di Torremaggiore, sospettato di appartenere alla batteria mafiosa Moretti-Pellegrino-Lanza e destinatario nel maggio scorso di un importante sequestro di beni. Il suo nome venne fuori durante l’incidente probatorio, quando D’Auria riuscì ad individuare anche lui tra i suoi presunti aguzzini. Per questa vicenda sono già stati condannati pezzi da Novanta della malavita locale. A giugno 2020 fu condannato Rocco Moretti alias “Il porco”, 70enne Mammasantissima della mafia del capoluogo, al vertice della batteria omonima, riconosciuto colpevole della tentata estorsione all’imprenditore.
Il boss chiese alla vittima il pagamento di 200mila euro per essersi rifiutato di ritirarsi dall’acquisto di terreni a Borgo Incoronata, una vicenda emersa anche all’interno della lunga sentenza “Decima Azione” contro i clan della “Società Foggiana”. Per Moretti 4 anni e 8 mesi, lieve sconto rispetto ai 5 anni e 4 mesi inflitti in primo grado. Il boss si trova al 41 bis nel carcere de L’Aquila. Oltre al capoclan, venne condannato a 2 anni e 8 mesi il suo emissario, Domenico Valentini, suicida in cella pochi mesi fa. Fu condannato, invece, a 3 anni, 6 mesi e 20 giorni di reclusione Giuseppe Vincenzo La Piccirella di San Severo detto “Il professore” o “Il ragioniere”, presunto capo del clan sanseverese Testa-La Piccirella, ritenuto dalla DDA alleato ai Moretti. Infine, 2 anni e 8 mesi vennero inflitti ad un altro sanseverese, Carmine Delli Calici. Tutta la vicenda potrebbe essere collegata all’omicidio di Matteo Lombardozzi, 50enne ex dipendente di D’Auria, ammazzato il 14 luglio 2017 in un’area di servizio sulla statale 16 tra San Severo e Foggia. L’uomo, all’epoca in semi libertà, stava tornando in carcere quando alcuni sicari lo trucidarono a colpi di kalashnikov.
“Il nostro associato Lazzaro D’Auria ancora una volta si è presentato in aula per testimoniare con coraggio e determinazione contro i propri estorsori. Ancora una volta abbiamo sostenuto il nostro collega, il quale è un operatore del settore agricolo del Foggiano che da più di cinque anni sta affrontando a viso aperto la mafia foggiana”. Questo il commento della federazione FAI Antiracket, in prima linea nel processo a carico di Putignano.
“Il suo impegno nella denuncia ha portato Lazzaro a vivere situazioni non facili, dato che questo coraggioso imprenditore vive da tempo sotto protezione dello Stato, misura necessaria che ha inevitabilmente cambiato la sua vita. Dopo l’udienza di oggi (ieri, ndr) vogliamo stringerci ancor di più a lui, perché ha dato nuovamente esempio di senso civico e di quale sia la vera essenza del movimento antiracket nel contrasto alla criminalità organizzata”.
Poi aggiungono: “Lazzaro non si è sottratto alle domande, nonostante i tanti coinvolgimenti emotivi nel racconto delle minacce subite e della sua paura, il tutto mentre a poca distanza da lui vi era l’imputato al centro delle sue accuse: in quell’aula Lazzaro D’Auria però non era solo, con lui c’era il vero movimento antiracket che non lascia isolato nessuno, con una delegazione arrivata persino da Vieste proprio per sostenere Lazzaro nella sua battaglia. Sono queste le fondamenta della Fai: le mafie vogliono isolare gli operatori economici per farli cedere, noi rispondiamo facendo squadra, più uniti che mai. Questa è solo la prima tappa di un procedimento penale lungo, ma che vedrà impegnata tutta la nostra forza per sostenere Lazzaro e gli operatori economici che vorranno liberarsi. Confidiamo nella società civile foggiana – concludono dalla Fai – affinché sia sempre piu determinata a squarciare il velo di omertà che dà forza alla mafia. Insieme vinciamo”. (In alto, D’Auria; nei riquadri, Moretti e Putignano)