Oltre un milione di euro nello zainetto ma Chiariello si difende: “Quei soldi sono il frutto della mia attività professionale”

“I miei onorari venivano pagati anche in contanti”, la difesa dell’avvocato barese arrestato con l’ex gip De Benedictis

La Procura di Bari sta verificando se quel denaro provenga da un qualche reinvestimento di somme della criminalità organizzata. Al vaglio degli inquirenti c’è anche la pista, ancora tutta da verificare, che quei contanti appartenessero addirittura a qualcuno dei suoi assistiti e che fossero lì a titolo di deposito. Quando è stato interrogato sul punto, però, ha dato una sua versione dei fatti diametralmente opposta. “I miei onorari venivano pagati anche in contanti e quei soldi sono il frutto della mia attività professionale che non potevo versare in banca per le limitazioni all’uso del cash”, ha detto in estrema sintesi. La differenza non è di poco conto. La magistratura è al lavoro per capire qual è la verità. C’è da chiarire il “giallo” dei 1,2 milioni di euro nella disponibilità dell’avvocato barese Giancarlo Chiariello, finito in carcere il 24 aprile scorso insieme con l’ex gip del Tribunale di Bari Giuseppe De Benedictis con l’accusa di corruzione in atti giudiziari. Presunte mazzette in cambio di scarcerazioni facili, ipotizza la Procura di Lecce competente a indagare su magistrati in servizio nel distretto di Bari. A carico del solo Chiariello e di suo figlio Alberto (anche lui coinvolto nella storia della tangenti) indaga anche Bari dopo il ritrovamento di 1.200.000 euro fascettati e sottovuoto in casa di Chiariello jr. Di qui, solo per padre e figlio l’accusa di reati fiscali, riciclaggio e autoriciclaggio.

Il procuratore facente funzioni di Bari, Roberto Rossi, in concomitanza con gli arresti, aveva delegato la Finanza a eseguire una nuova perquisizione nello studio in pieno centro cittadino, con l’obiettivo questa volta di acquisire la documentazione contabile e mandati professionali. Insieme ai soldi (trovati in tre zainetti, nascosti sotto un divano e in un armadio) i carabinieri avevano già rinvenuto appunti manoscritti: potrebbero essere la contabilità occulta dello studio legale messa a confronto con l’elenco dei clienti dello studio.

I soldi vennero sequestrati. Le verifiche sui redditi dichiarati dall’avvocato Chiariello hanno fatto emergere che le cifre non sono nemmeno lontanamente paragonabili alla quantità di contante ritrovata un sabato mattina di fine aprile. Ma per procedere alla confisca del denaro è necessario provarne la provenienza illecita: dunque, ad esempio, documentare la mancata fatturazione di compensi professionali oppure qualcosa di più grave. In sede di interrogatorio, l’avvocato Chiariello, assistito dagli avvocati Raffaele Quarta e Andrea Sambati, ha sostenuto appunto che si trattasse del frutto di anni di lavoro. Poiché a volte veniva pagato in contanti, non poteva certo effettuare i relativi bonifici in banca. In sintesi, il tema sarebbe quello del “nero”. In poche settimane da quei ricavi ad oggi, è cambiato completamente lo scenario se Chiariello nel frattempo è stato sospeso per 10 mesi in via cautelare dall’Albo degli avvocati (in attesa del procedimento disciplinare) e se, soprattutto, uno degli studi penalistici più affermato non solo a Bari ma nell’intera regione, molto apprezzato anche al livello nazionale ha chiuso i battenti. (fonte La Gazzetta del Mezzogiorno)