Tavolo della legalità questa mattina a Monte Sant’Angelo. Titolo “Il ruolo della Commissione antimafia e il ricordo di Stefano Fumarulo”. Ospiti l’onorevole Paolo Lattanzio (membro della Commissione parlamentare antimafia) e il coordinatore nazionale di Avviso Pubblico Pierpaolo Romani. Sui canali social del Comune di Monte Sant’Angelo e di Avviso Pubblico si è parlato di lotta ai clan, beni confiscati ai boss e scioglimento dei Comuni per infiltrazioni criminali. Un appuntamento, rigorosamente in streaming, molto partecipato che ha scatenato la curiosità degli studenti i quali hanno posto una lunga serie di domande ai relatori. Al centro dell’incontro il ricordo di Fumarulo, dirigente della Regione Puglia morto quattro anni fa, il 12 aprile 2017. Deceduto prematuramente a 38 anni, Fumarulo si occupava di immigrazione e antimafia sociale, lottando in prima linea contro le disuguaglianze, la negazione dei diritti e per la dignità di ogni individuo. Prima del dibattito, si è dato spazio ad una lettera di Marialuisa Pantaleo Fumarulo, madre di Stefano. La riportiamo integralmente qui di seguito. In coda, il video dell’evento.
Gentili ragazze e ragazzi,
permettetemi di ringraziare l’amministrazione del Comune di Monte Sant’Angelo che, nella persona del presidente del Consiglio Comunale, Giovanni Vergura, mi ha cortesemente invitata a prendere parte a questo incontro.
Oggi ricorrono quattro anni da quando mio figlio Stefano non c’è più e sono certa che mi comprenderete se preferisco affidare a questo scritto le parole del mio intervento, poiché non sarei convinta di poterle pronunciare davanti a voi senza cedere alle emozioni di questo giorno così carico di significati per me.
Ringrazio anche l’onorevole Paolo Lattanzio che era legato da un’amicizia antica, forte e profonda.
Ma soprattutto il mio ringraziamento va a voi, giovani studenti di Monte S.Angelo, che avete scelto di dedicare il vostro tempo ad approfondire tematiche non proprio facili da affrontare e che dedicherete un po’ di questo tempo al lavoro svolto da Stefano.
Molte sono le cose che potrei e vorrei dirvi del suo lavoro, ma sono certa che chi con lui ha collaborato o anche lo ha incrociato per motivi di lavoro sia più di me capace adesso di mettere in evidenza i tratti fondamentali del suo impegno nella “lotta non repressiva alla criminalità organizzata”.
Uso questa espressione “lotta alla criminalità organizzata”, perché proprio così si chiamava l’ufficio in cui Stefano, dopo essere tornato dalla sua significativa esperienza presso l’ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC), ha iniziato a lavorare a Bari, con Angelo Pansini con il quale era unito dalla passione per il lavoro volto a contrastare l’espandersi delle organizzazioni criminali, sotto la guida dell’allora sindaco Michele Emiliano, “Agenzia per la lotta non repressiva alla criminalità organizzata del Comune di Bari”.
Michele Emiliano con Stefano aveva in comune diverse cose, ma soprattutto due:
la convinzione che, accanto alla repressione contro le mafie vi fosse un disperato bisogno di politiche di prevenzione e la testardaggine.
Di entrambe hanno fatto la maggiore risorsa di cui si è alimentato il lavoro dell’Agenzia ed hanno segnato un percorso di innovazione in queste materie in tema di attività pre le scuole, di sostegno alle vittime di reati mafiosi, di recupero dei beni confiscati, partendo dal luogo che in via formale non ha alcuna competenza in dette materie: il Comune.
Sottolineo questo aspetto per offrire un esempio plastico di quello che si può fare contro qualcosa che non ci piace anche se tra le mani non abbiamo consolidati strumenti di legge od operativi.
Contro le mafie e contro il modello culturale che è e deve rimanere prerogativa delle autorità preposte a farla, ma soprattutto in termini di politiche di prevenzione e di valore sociale e culturale.
Dopo 10 anni di lavoro al Comune di Bari che forse altri sapranno raccontare nel dettaglio meglio di me, il lavoro e la passione di Stefano per queste materie lo hanno portato a lavorare come consulente del Presidente della Commissione d’inchiesta delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, referente di Libera a Città del Messico e poco dopo in regione Puglia.
All’interno della Commissione Parlamentare Antimafia ha portato il suo contributo per rendere più chiaro ed evidente ai diversi livelli istituzionali interessati, quanto siano radicate le mafie in Puglia e come l’impatto della loro presenza e del loro evolversi sulle comunità di riferimento non sia meno pericoloso e significativo di quanto tradizionalmente possa pensarsi in relazione a fenomeni analoghi in altre regioni d’Italia ben più note da questo punto di vista, come Sicilia, Calabria e Campania.
Oggi, credo, sono numerosi i segnali che ci inducono a ritenere che questa direzione, in quel tempo assolutamente innovativa, non largamente condivisa e persino disturbante in alcuni ambienti e salotti di questa Regione, era la direzione giusta.
E, una volta approdato in Regione Puglia, ha voluto sforzarsi nell’essere semplicemente coerente, sviluppando politiche di prevenzione della criminalità a livello regionale, occupandosi da subito di una materia rimasta sotto gli occhi di tanti, troppi, per anni ma su cui nessuno aveva avuto il coraggio di cimentarsi:lo sfruttamento e la tratta degli esseri umani, specie qui nella vostra bellissima terra della provincia di Foggia.
Ha lavorato intensamente per sostenere un modello di riscatto sociale ed economico delle persone che lì vivevano.
Oggi i pomodori coltivati e raccolti in una di queste realtà costruite anche grazie al lavoro di Stefano sono sugli scaffali della Coop con il marchio RiACCOLTO, un nome che da solo unisce il lavoro della terra e la vocazione all’accoglienza ,di cui la Puglia orgogliosamente può far sventolare la bandiera.
La vita di Stefano, così piena di energie e progetti, si è fermata 4 anni fa, ma ancora oggi continuo a ricevere da varie parti della Puglia e dei luoghi del mondo dove Stefano ha voluto impegnarsi (Roma, Vienna, Messico e Sudamerica), attestazioni di rispetto e ringraziamenti per il suo lavoro dentro le istituzioni e, contemporaneamente, “fuori dagli schemi”.
O meglio con schemi nuovi e per certi versi sperimentali, ma che ancora oggi hanno lasciato il segno.
Non desidero che mio figlio venga ricordato come un supereroe, ma come una persona normale, proprio come voi che oggi prendete parte a questo incontro.
Irriducibilmente appassionato della giustizia e testardo.
Convinto che tutte le ingiustizie possano e debbano trovare una fine, passando attraverso lo studio, il lavoro e il genuino legame con tante altre persone, anche molto differenti tra di loro ma unite dallo stesso trasparente amore per il prossimo e verso ciò che è semplicemente “giusto”.
Una buona giornata a tutti voi,
Marialuisa Pantaleo Fumarulo