Sono state chiuse formalmente le indagini preliminari da parte della Procura di Foggia (pubblico ministero Gravina) per l’omicidio del consulente del lavoro Vincenzo Paglione, avvenuto a Manfredonia la mattina del 5 febbraio 2020, ad opera del 52enne reo confesso Biagio Cipparano. Come si legge dall’avviso, che la nostra testata ha potuto consultare, il pubblico ministero contesta anche l’aggravante della premeditazione, perchè Cipparano avrebbe covato l’intenzione di uccidere il rivale in amore da almeno dieci giorni, cioè fin da quando aveva avuto la definitiva conferma che tra la vittima e la moglie esisteva una relazione clandestina, che sembra andasse avanti da tempo.
Sempre leggendo l’avviso di conclusione delle indagini emergono alcuni particolari davvero raccapriccianti, come il numero di coltellate inferte alla povera vittima (con un coltello da cucina dotato di una lama di 13,5 centimetri), che fu colpita in diverse parti del corpo da almeno quindici coltellate in totale, delle quali almeno due mortali all’altezza del cuore. Una ferocia davvero impressionante e che rischia di costare l’ergastolo all’imputato. Infatti, il pm Gravina contesta anche la premeditazione, perché Cipparano avrebbe architettato l’omicidio per diversi giorni, manifestando anche ad alcuni testimoni sentiti durante le indagini la propria intenzione di uccidere per vendetta il consulente del lavoro, accusato di avere una relazione clandestina con la moglie dell’assassino.
Cipparano, condotto in Commissariato a Manfredonia poche ore dopo l’accaduto, confessò di essere l’autore del delitto. Abbiamo sentito il difensore l’avvocato Michele Sodrio, il quale così commenta la conclusione delle indagini: “All’epoca in cui Biagio Cipparano confessò l’omicidio non ero io il suo difensore, però ho potuto constatare nei mesi successivi che, al momento del fatto, il mio cliente versava in condizioni psicologiche fortemente squilibrate, a causa di tutta una serie di gravi problematiche familiari, già in corso da tempo. Proprio nel periodo a cavallo dell’omicidio, Cipparano viveva, anzi sopravviveva, in uno stato di forte confusione mentale, giungendo a dormire in auto per molte notti ed a vagare senza meta durante il giorno. Senza nulla togliere alla gravità del gesto che ha commesso, credo che quelle condizioni psicologiche siano state determinanti in ciò che ha fatto. Il mio obiettivo sarà quello di far emergere queste circostanze e di far escludere dai giudici l’aggravante della premeditazione. Purtroppo non è più possibile accedere al rito abbreviato per questo tipo di fatti, quindi quasi certamente se ne discuterà durante il dibattimento in corte d’assise”. (In alto, da sinistra, Cipparano e Paglione; sullo sfondo, il palazzo scenario della tragedia)