I pediatri pugliesi si infilano nel varco dell’ordinanza del presidente Michele Emiliano lanciando un messaggio inequivocabile: «Cari genitori, non mandate i vostri figli a scuola». Del resto, erano stati proprio loro a indurre il governatore della Puglia a chiudere gli istituti (fino al 24) prima del dietrofront parziale che di fatto ha lasciato alle famiglie la scelta di far studiare gli alunni di primaria e media in presenza oppure da remoto fino al 3 dicembre. «Sono i dati forniti dalla Asl di Bari – spiega Luigi Nigri, vicepresidente nazionale della Fimp, la federazione italiana dei medici pediatri – a dimostrare che ha funzionato evitare che gli alunni tornassero in classe. Sia chiaro un aspetto: i pediatri non sono per principio contrari alla frequenza. Ci mancherebbe. Ma in questo momento il decorso dell’epidemia e il sistema di tracciamento non consentono di avere un’alternativa alla Dad. Noi apprendiamo in gran parte da genitori e studenti la positività degli scolari, a dimostrazione degli attuali limiti del contact tracing». La posizione è pressoché unanime tra i medici di base.
«Purtroppo – continua Nigri – non abbiamo ancora attivato il sistema di test rapidi per bloccare sul nascere i casi sospetti. Sembra che ci siano, ma in numero inadeguato. Resta poi da stabilire quanti pediatri interverranno e quali saranno le sedi dei punti di prelievo. Nei nostri ambulatori non è possibile sia perché in molti casi non sono adeguati, ma soprattutto perché la priorità è mantenere gli studi in sicurezza per le altre esigenze. Molto più praticabile è andare in sedi apposite. Risulta che si stia pensando ai distretti ed eventualmente a locali che alcuni sindaci hanno messo a disposizione. Vedremo. Di sicuro è fondamentale organizzarsi al meglio perché altrimenti torneremo al punto di partenza. La ripresa dell’attività scolastica oggi riproporrebbe l’emergenza nel giro di una settimana».
Maria Chironna, biologa e responsabile del laboratorio di Epidemiologia Molecolare e di Sanità Pubblica del Policlinico, è dello stesso parere. «Il ritorno in presenza – dice – è un rischio in questo momento. E lo dico con la consapevolezza del grosso colpo che si rischia di dare a un mondo, quello della scuola, che meritava certamente di essere salvaguardato. I danni che il lockdown ha prodotto e può produrre su bambini e adolescenti sono inenarrabili e documentati. Ma la tutela della salute di tutti viene prima. La scuola è stata messa in crisi anche dalla fragilità del sistema che ruota intorno: trasporti, organizzazione, carenze strutturali, mancata pianificazione, penuria di personale per garantire un modo diverso di fruizione della formazione. Certo che la didattica a distanza è una sconfitta. Ma in emergenza è almeno un tentativo di non generare gap nella formazione che sarebbero incolmabili». (fonte La Gazzetta del Mezzogiorno)