“Nel Foggiano non esistono zone franche. Tutto il territorio è interessato da una strategia delle organizzazioni criminali abbastanza importante e proiettata verso il futuro”. Lo ha detto il pm della DDA di Bari, Francesco Giannella nel corso di una videochat su Facebook. In sua compagnia Giuseppe Gatti, ex DDA, da poche settimane nella DNAA (Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo) di Roma e la vicepresidente di Libera, Daniela Marcone che sul canale social dell’associazione ha ospitato la conversazione online con i magistrati. Inoltre, c’è stato il contributo dei rappresentanti dei presidi di Foggia e San Marco in Lamis che hanno posto alcune domande.
Un’occasione utile soprattutto per fare il punto sulle mafie di Capitanata. Come detto, la provincia di Foggia non avrebbe territori immuni dai clan. Ne è convinto Giannella che da anni è impegnato nel contrasto alle organizzazioni locali. Alla domanda su San Marco in Lamis, scenario della nota strage del 9 agosto 2017, il pm ha detto: “Non era zona franca ieri e non lo è oggi”. Secondo il magistrato, le cosche foggiane avrebbero alzato il tiro: “C’è il tentativo di fare un passo avanti. Sono in corso alleanze che potrebbero stabilizzarsi con il rischio di doverci far assistere ad una evoluzione del panorama criminale di Capitanata”.
Tornando sul Gargano, Gatti ha spiegato: “Non è un caso se la zona al confine tra San Marco e Apricena (la stessa della strage, ndr) sia stata in passato interessata dall’indagine della DDA ‘Coast to Coast’. Quella operazione scoperchiò un’organizzazione garganico-albanese dedita al traffico di marijuana. Fu sequestrata una tonnellata di droga”. Quell’area è da tempo nel mirino degli inquirenti, oltre alla mattanza di tre anni fa, nuove leve del crimine si starebbero facendo largo nelle dinamiche criminali. Ed è sempre in quella zona che la squadra mobile ha recentemente interrotto un summit mafioso, assicurando alla giustizia alcuni pericolosi latitanti.
“Oggi – ha aggiunto Gatti – la guerra di mafia non si combatte più per una semplice esigenza di controllo del territorio, la guerra di mafia si è resa più complessa. Lo scenario è cambiato e si è ulteriormente complicato. Non si vuol fare più i padroni a casa propria. La posta in gioco ora è più alta a causa del traffico internazionale di droga. Le mafie foggiane sono cresciute in tale senso, attraverso un rapporto stabile con i cartelli albanese per quanto riguarda le droghe leggere. Con i cartelli colombiani, attraverso il canale dell’Olanda (Amsterdam e il porto di Rotterdam), per la cocaina. Tutto ciò ha modificato gli assetti e le interazioni tra clan”. Vicende più volte raccontate dalla nostra testata che anche di recente ha aggiornato la “mappa della mafia” di Capitanata indicando nuovi boss, alleanze e rivalità.
“Ora – ha proseguito Gatti – si punta al controllo di un ambito, il commercio internazionale di droga, il controllo del solo territorio non basta più. È cambiata la politica: le organizzazioni si stanno evolvendo, da mafia militare a mafia degli affari. Si modificano gli assetti perché le cointeressenze si fanno più strutturate alla luce di obiettivi più ambiziosi”.