Giuseppe Albanese, classe ’80 detto “Prnion” sarebbe uno dei killer di Rocco Dedda, pizzaiolo foggiano ucciso a casa sua in via Capitanata il 23 gennaio 2016. Come ampiamente scritto su l’Immediato, Albanese fu arrestato per quel fatto di sangue ma in seguito, il 14 gennaio 2019, fu scarcerato per il venir meno dei gravi indizi di colpevolezza.
L’indagato rimase comunque detenuto (è nel carcere di Santa Maria Capua Vetere) perché nel frattempo, il 30 novembre 2018, fu arrestato nel maxi blitz “Decima Azione” contro la mafia foggiana. Il 26 giugno 2019 la Cassazione accolse il ricorso della DDA, e annullò con rinvio l’ordinanza di scarcerazione del Tribunale della Libertà perché non erano state ben valutate le dichiarazioni dei pentiti.
La posizione di “Prnion” è stata riesaminata il 23 dicembre scorso; il pm Lidia Giorgio ha chiesto l’arresto-bis di Albanese richiamandosi alla ordinanza della Cassazione e rimarcando i nuovi elementi d’accusa; la difesa ha ribadito la mancanza di gravi indizi. Il 27 dicembre i giudici hanno accolto la tesi della DDA e confermato la misura cautelare; la difesa farà ricorso.
Decisivi i pentiti
Albanese fu arrestato mentre era nella chiesa di San Filippo Neri per i funerali dell’amico Rodolfo Bruno, ucciso a metà novembre 2018, esponente di spicco del clan Moretti-Pellegrino-Lanza, rivale dei Sinesi-Francavilla.
Albanese è ben noto agli inquirenti. Nel 2011 scampò ad un agguato compiuto da Nicola Salvatore detto “lascia lascia” (uomo dei Sinesi) mentre nell’ottobre 2016 fu miracolato nel bar H24 di via San Severo, dove rimase ucciso Roberto Tizzano e ferito Roberto Bruno. Albanese fu incastrato da celle telefoniche e da alcune dichiarazioni rese agli investigatori da due collaboratori di giustizia, Antonio Nuzzi di Altamura, rinchiuso nel carcere di Foggia dove avrebbe raccolto numerose informazioni utili sull’omicidio Dedda e Raffaele Bruno, fratello di Rodolfo, pentitosi nel 2007 e di recente tornato a fornire elementi di rilievo agli inquirenti. Lo stesso Albanese, durante un breve periodo di detenzione per possesso di armi, fu intercettato nel penitenziario foggiano mentre si parlava dell’agguato di via Capitanata. “Zitti zitti – disse ai compagni di cella – potremmo essere intercettati”. Anche il suo particolare modo di camminare, ripreso dalle telecamere, fu utile ad incastrarlo.

Sull’omicidio Dedda il pentito sostenne che nel luglio 2017 in carcere, Alessandro Moretti, 29enne detto “Sassolin” (nipote del boss Rocco Moretti alias “Il porco”) gli confidò d’aver riconosciuto in Albanese uno dei killer, quello più magro, nel video diffuso dalla Polizia di Stato ai media.
Inizialmente Nuzzi disse che lui e Alessandro Moretti erano in cella insieme ma non era vero. Nei mesi scorsi l’uomo ha rettificato spiegando che Moretti gli fece quelle confidenze quando si incontrarono in una sezione del carcere. A gravare su Albanese anche le carte di “Decima Azione” che hanno fatto emergere il suo ruolo di rilievo all’interno del clan Moretti-Pellegrino-Lanza, storicamente rivale dei Sinesi-Francavilla di cui Dedda faceva parte. Inoltre, l’analisi delle celle telefoniche su un cellulare in uso al sospettato dimostrò che “Prnion” percorreva proprio la via di fuga seguita dai killer.