Tre colpi esplosi, alla gola, alla spalla e all’orecchio sinistro. Emergono maggiori dettagli sull’agguato di ieri sera tra le 21:30 e le 21:40 in viale Candelaro a Foggia. Morto Roberto D’Angelo, classe ’66, venditore privato di automobili. L’uomo era alla guida di una 500 L bianca in direzione stadio e stava andando a prendere la moglie quando due persone, a bordo di una moto, l’hanno affiancato e ucciso. I killer avrebbero utilizzato un revolver. Gli investigatori della squadra mobile non hanno trovato bossoli sull’asfalto e non sono stati eseguiti stub (esame della polvere da sparo). La squadra mobile ha ascoltato parenti e amici del 53enne e spera di trovare tracce utili dai filmati della videosorveglianza presente in zona. Al momento gli inquirenti escludono legami tra l’uomo e clan mafiosi cittadini.
Vincenzo D’Angelo, padre della vittima, noto con il soprannome “Scipione” (poi ereditato dal figlio), fu ucciso negli anni ’70. Roberto, invece, aveva vecchi precedenti per reati contro il patrimonio, truffe alle assicurazioni commesse durante gli anni ’90. Tre anni fa, invece, un altro suo parente, omonimo del padre della vittima, fu coinvolto in una sparatoria in via Bari, nei pressi dell’International.
Vincenzo D’Angelo, 39 anni, coinvolto nel 2015 nell’operazione “Double Key” (colpo fallito al Banco di Napoli) fu minacciato da personaggi di spicco della mafia foggiana come Rodolfo Bruno, Antonio Salvatore e Alessandro Aprile, il primo (ucciso a novembre 2018) del clan Moretti-Pellegrino-Lanza, gli altri due gravitanti nella batteria Sinesi-Francavilla. I tre, coadiuvati da Cristian Malavolta e Luigi Di Gennaro, rispettivamente di Oggiono e Torremaggiore, furono arrestati con l’accusa di aver costituito un’organizzazione criminale nel tentativo di estorcere denaro a D’Angelo, titolare di un autoparco.
In quell’occasione fu ammazzato un pastore tedesco che era di guardia. Dalle indagini emerse che i malviventi si recarono presso l’autoparco intimando ai titolari il versamento indebito di 80mila euro sulla base di un presunto credito vantato dal padre di Malavolta (ormai deceduto) e vecchio socio in affari di D’Angelo. All’incontro, minacciarono di morte l’uomo mimando con le mani un gesto piuttosto eloquente relativo a un imminente pericolo di vita per la vittima della tentata estorsione.
Dopo circa un’ora, viste le resistenze di D’Angelo, i malviventi tornarono alla carica. E stavolta presso l’autoparco si presentarono personaggi di spessore della mafia foggiana come Bruno, Aprile e Salvatore. Dopo aver intimato al titolare di legare il cane da guardia, lo aggredirono con calci e pugni alla presenza della moglie e dei figli minorenni. Malmenato anche lo zio di D’Angelo. Infine, sfuggito alla furia dei malviventi anche grazie all’aiuto della moglie, la vittima si rifugiò in casa. Non paghi, i componenti del gruppo criminale esplosero colpi d’arma da fuoco all’indirizzo delle persone presenti e dopo alcuni minuti di intensa sparatoria, lasciarono l’autoparco anche a causa della risposta del titolare della concessionaria, armato di pistola a salve. “Un atto che poteva avere esiti nefasti”, il commento dell’allora capo della squadra mobile, Roberto Pititto.
Durante le indagini venne fuori che D’Angelo aveva realmente avuto un rapporto lavorativo con Malavolta con il quale si occupava di compravendita di auto soprattutto all’estero, ma non risultò alcun credito di 80mila euro.