“Che sia provocato da cause umane (come sostiene il 99% dei climatologi per l’immissione dei gas serra nell’atmosfera) oppure no, l’innalzamento delle temperature a partire dal 1800 è un dato di fatto”. Lo riporta il Corriere della Sera in un focus sull’innalzamento dei mari. “La prima conseguenza è lo scioglimento delle calotte polari e dei ghiacci continentali. Soprattutto le prime, in Groenlandia e in Antartide, hanno già provocato l’innalzamento globale del livello medio dei mari di circa 20 centimetri a partire dal 1880 e il tasso è in rapido aumento”.
“L’Italia risulta uno dei Paesi più interessati – si legge ancora –. Le aree più colpite sono tutta la fascia adriatica da Monfalcone a Cattolica — con Venezia al centro — che finirebbe sottacqua per decine di chilometri all’interno (senza contare il problema della salinizzazione delle falde di acqua dolce), la Versilia da Carrara a Pisa, Grosseto e Orbetello, la costa laziale da Civitavecchia ad Anzio, la pianura Pontina tra Terracina a Sezze, la piana intorno a Caserta, in Sardegna le bonifiche di Oristano e gli stagni presso Cagliari, in Puglia l’area a sud di Manfredonia.
L’analisi è stata compiuta tenendo in considerazione indicatori diversi che portano a scenari differenti, ma sempre allarmanti. Si parte dai limiti di temperatura da non oltrepassare indicati dall’Accordo di Parigi sul clima, adottato da 195 nazioni ma dal quale gli Stati Uniti guidati da Trump hanno appena detto di voler uscire”.
Accordo disatteso
L’intesa raggiunta nel 2015 (a fatica e in gran parte disattesa dagli stessi Paesi firmatari, Ue e pochi altri esclusi) indicava di non superare i 2 gradi di aumento di temperatura nel 2100 rispetto ai livelli preindustriali, pena gravi conseguenze ambientali. Ma che sarebbe meglio non superare il limite di +1,5 °C. In realtà, come hanno sottolineato gli scienziati al momento stesso della firma dell’Accordo, i piani volontari che le nazioni si erano impegnate a rispettare sono del tutto inadeguati a contenere l’aumento di temperatura. Anzi, vista la tendenza in atto che ha portato la concentrazione di anidride carbonica a raggiungere a maggio i 410 ppm (parti per milione), 90 ppm in più del 1960, si sta andando verso un incremento di ben 4 gradi entro la fine del secolo. L’anno scorso l’Ipcc (agenzia Onu sui cambiamenti climatici) aveva indicato che per rispettare gli impegni assunti le emissioni di gas serra dovevano calare del 50% entro il 2030 per essere in linea con l’obiettivo dell’incremento di 1,5 gradi.
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