Agenti della sezione criminalità organizzata della squadra mobile di Foggia e personale del GICO della Guardia di Finanza di Bari, hanno eseguito un ordine di carcerazione, emesso dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Bari – Ufficio esecuzioni penali, a carico di Emiliano Francavilla, classe 1979, a capo della batteria mafiosa “Sinesi-Francavilla”, il quale dovrà scontare una reclusione di anni 5 e mesi 6 oltre ad una multa di euro 5.600, Valentino Aprile, classe 1990, appartenente allo stesso clan, il quale, scomputato il periodo di presofferto, dovrà scontare la pena della reclusione di 6 mesi oltre ad una multa di euro 2.800 e Vincenzo Pipoli, classe 1965, appartenente alla batteria mafiosa “Moretti-Pellegrino-Lanza”, quest’ultimo, scomputato il periodo di presofferto, dovrà scontare la pena della reclusione di 5 mesi oltre ad una multa di euro 2.400.
Per i tre noti pregiudicati, tale provvedimento costituisce l’epilogo del procedimento penale coordinato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari e noto come “Operazione Rodolfo”, nell’ambito del quale il 4 aprile 2016, fu eseguita un’ordinanza custodiale, emessa dal gip presso il Tribunale di Bari, a carico di 11 soggetti, esponenti delle “batterie” mafiose della Società Foggiana “Sinesi” e “Moretti”, tutti gravemente indiziati del reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso; in tale circostanza, fu inoltre eseguita la misura cautelare patrimoniale del sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni mobili ed immobili, nella disponibilità degli indagati, per un valore complessivo stimato di oltre 700.000 euro.
Come è noto l’indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, permise di accertare e documentare l’assoggettamento estorsivo posto in essere con metodo mafioso, in forma continuata e diversificata, ai danni dei fratelli Curcelli, imprenditori operanti nell’indotto di un settore altamente strategico per l’economia locale, quale quello legato alla produzione ed alla trasformazione alimentare dei prodotti dell’agricoltura, da parte di soggetti organici o comunque contigui alle due batterie mafiose.
Inoltre, le pretese estorsive riguardarono non solo la forzata elargizione di somme di denaro, con cadenza sistematica mensile, in favore dei principali esponenti dei clan ma anche l’assunzione “fittizia”, quali lavoratori dipendenti delle aziende delle vittime, di soggetti indicati dalle compagini malavitose, divenuti quindi beneficiari di salari mensili senza fornire alcuna controprestazione lavorativa.