Il giorno stabilito per la selezione dei nuovi medici per il Pronto soccorso non si è presentato nessuno. Eppure, per il contratto a tempo indeterminato, 20 medici avevano fatto domanda per parteciparvi. Il caso dell’Asl di Foggia è emblematico per comprendere la difficoltà di reclutamento del personale. Le carenze di medici, anestesisti, ortopedici e psicologi sta diventando un tema sempre più urgente da affrontare. A rischio è la qualità dell’assistenza negli ospedali della Capitanata. L’azienda territoriale ha deciso, perciò, di istituire un comitato di crisi.
“Le specializzazioni ormai sono un problema cronico di tutto il Paese – spiega il direttore generale, Vito Piazzolla -, mancano 20mila medici in Italia. Nonostante le carenze oggettive, sui livelli essenziali di assistenza sfioriamo la sufficienza, e non è poco. È un bel traguardo se consideriamo il punto di partenza. Però facciamo tutto questo con 18mila addetti alla salute in meno rispetto all’Emilia Romagna e, mediamente, 15mila in meno rispetto a tutte le altre regioni cosiddette ‘virtuose’ che sono nelle prime posizioni della classifica”.
Poi entra nel dettaglio dell’emergenza: “Tra le professioni che ci mettono in crisi ci sono, come sempre, gli anestesisti. Poi gli ortopedici, passati forse al primo posto perché ci sono pochissimi specializzandi. E poi la psichiatria e la pediatria. Ma questo è un problema che va risolto a livello centrale, servirebbe maggiore attenzione e monitoraggio da parte dei ministeri competenti. Questo è un momento pericoloso per assicurare la salute dei cittadini“.
Il manager, recentemente riconfermato dal governatore Michele Emiliano, sottolinea poi l’assenza di correlazione tra l’emergenza reclutamento dei medici e l’allarme lanciato dai sindacati sulla paventata chiusura dell’ospedale Masselli Mascia di San Severo. “Non c’è nessuna correlazione tra la difficoltà di reclutamento e il declassamento – precisa -. A parte che nessuno vuole declassare niente perché l’ospedale di San Severo è, sulle carte, come sancito anche dal ministero della Salute, un ospedale di primo livello. Non è che siamo tenuti a declassare un presidio perché manca il personale, sicuramente siamo costretti a ridurre la produzione, questo sì. Ed è un problema serio sul quale stiamo riflettendo. L’ottimismo possibile, in questa fase, ci porta a dialogare con tutte le Asl, anche nelle altre regioni se avessero graduatorie da cui pescare, ma soprattutto con gli Ospedali Riuniti di Foggia e Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, per dare la migliore risposta possibile in questa fase di difficoltà”.
Il paradosso, per la Puglia, arriva dal Piano operativo. “Siamo sotto il tetto di spesa di 340 milioni di euro, quindi potremmo assumere in abbondanza – spiega il direttore dell’Aress, Giovanni Gorgoni -, ma dobbiamo chiedere un’autorizzazione preventiva al ministero perché non siamo completamente autonomi in questa fase del piano operativo. Questo allunga i tempi e, siccome i tassi di pensionamento sono più rapidi, si capisce la difficoltà di turnover che sarà peggiorata da quota 100. Se a questo aggiungiamo la carenza di 2mila medici l’anno, ci rendiamo conto dell’imbuto dentro il quale ci troviamo. Persino la ricchissima provincia di Bolzano ha cominciato a ridurre le attività, questo a dimostrazione del fatto che si tratta di un problema oggettivo per l’Italia. Figuriamoci in Puglia, dove abbiamo una media di 8 dipendenti ogni 1000 abitanti a fronte della media italiana di 10,4, con il Nord che arriva addirittura a 12. Praticamente un turno in più interamente coperto…”.
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