Il 21 marzo 2018 la città di Foggia, è stata per la prima volta sede della “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti della mafia”. La città è stata invasa da un’onda d’urto di 40mila persone, tra bambini, ragazzi ed adulti.
Questa sera Libera, Csv e Fondazione dei Monti Uniti di Foggia hanno presentato la pubblicazione “Un’altra storia per Foggia. L’eredità del 21 marzo 2018”, un libro fotografico e testuale, che ripercorre la costruzione della rete che ha condotto a quella giornata con don Ciotti. Ospite d’onore il giornalista Sandro Ruotolo.
Curata da Roberto Lavanna e Annalisa Graziano del Csv Foggia, la pubblicazione ha i contributi fotografici di Peppino Formiglio, che ha scattato le immagini di quel giorno, e i contributi saggistici e giornalistici di Sasy Spinelli di Libera Foggia, Annalisa Graziano del Csv Foggia, della studentessa Alice Marchesino, Gabriella Berardi della Biblioteca Provinciale di Foggia “La Magna Capitana”, Emiliano Moccia dei Fratelli della Stazione, Barbara Puciello di Libera Progetto Amunì, Roberto Lavanna direttore del Csv e nel CdA della Fondazione dei Monti Uniti, Francesco Pesante direttore de l’Immediato, del giornalista Antonio Nicola Pezzuto e di Daniela Marcone di Libera.
La Fondazione fa parte della rete e ha offerto, come ha spiegato il suo presidente Aldo Ligustro, un sostegno costante nel corso di questo anno, che si è esplicato prima nel volumetto preparatorio “100 passi verso il 21 marzo”, distribuito nelle scuole e poi col Premio di laurea alla memoria di Francesco Marcone. La prima edizione è stata vinta da Maria Assunta D’Adamo che ha scritto una tesi sull’Applicabilità dell’articolo 416 bis al fenomeno della mafia garganica e da Felice Piemontese con una tesi sullo scioglimento dei Consigli Comunali.
“Fa piacere la presenza di tanti giovani, a loro dobbiamo tramandare questi segnali. Bisogna dare gli esempi, non è l’abito che fa il monaco”, ha detto Pasquale Marchese, presidente del Csv Foggia.
“Daniela Marcone è stata premiata come foggiana dell’anno – ha detto il moderatore e giornalista Filippo Santigliano -. Il 21 marzo è stato il primo tempo dopo una grande attesa. Le mafie sono cresciute per disattenzioni e connivenze della società civile. Fu molto sottovalutato l’agguato a Peppe Sciorio un esponente di primo piano della camorra mandato in esilio qui da noi a Foggia. Il 1 maggio del 1986 la strage del Bacardi fu un salto di qualità della criminalità organizzata. Vennero poi gli avvertimenti a chi non si piegava: l’omicidio di Ciuffreda, Panunzio e Marcone. Non erano eroi antimafia ma persone che facevano il loro lavoro, chi fa il proprio lavoro è una devianza per la Società. Siamo dovuti arrivare alla strage di San Marco in Lamis per arrivare alla consapevolezza della mafia”.
Oggi dopo quella strage molto è cambiato. La Squadra Stato ha inferto gravi colpi alla Società. Ma Daniela Marcone ha ricordato le difficoltà degli anni scorsi, prima di arrivare alla grande iniziativa di Libera. “Da sempre ho provato a raccontare non solo le mafie presenti ma anche la mafiosità, provando a suggerire una reazione. Abbiamo provato a raccontare le nostre mafie, se sfogliamo i quotidiani degli anni ottanta notiamo che c’era la consapevolezza della stampa locale. Ma se ci spostavamo su Bari questo non accadeva. Ho sentito raccontare la nostra mafia e sentirla nominare come la Sacra Corona Unita. C’era un ritardo nella narrazione tale da farmi sentire ingabbiata. Il presidente di Libera don Luigi Ciotti sentiva il nostro grido di dolore. Nel 2018 ci disse: dobbiamo andare a Foggia il 21 marzo. Quella proposta mi lasciò senza parole e immediatamente ne parlai con Sasy Spinelli, eravamo spaventati. La prima cosa che abbiamo fatto è stata costruire la rete. Non è stato facile ma neanche difficilissimo, non doveva essere solo la manifestazione dei giovani e degli studenti, ma anche degli adulti che sono i responsabili del presente dei ragazzi. Gli adulti in parte si sono fatti coinvolgere. C’è stato un gran lavoro della provincia e della Regione, c’è stata una grande partecipazione da fuori”.
Marcone non ha lesinato critiche a chi continua a diffondere stereotipi che pesano e vittimizzano ancora di più le vittime. I fratelli Luciani uccisi a San Marco non erano nel posto sbagliato al momento sbagliato. Erano nel loro posto, a lavoro.
“Dovevamo cambiare narrazione. Toccava a noi farlo questo racconto. Col CSV e con la Fondazione abbiamo creato il primo volume, 100 passi verso il 21 marzo e poi questo libro fotografico, Sono abituata a raccontare il passato per la mia storia personale, bene il racconto del 21 marzo è vitale, è una boccata d’ossigeno. Questa base di memoria va costruita, un domani il 21 marzo 2018 sarà il nostro passato. La vita è una sintesi instabile tra la realtà e il sogno”.
Secondo il giornalista Ruotolo ci sono delle parole chiave. La prima è rete. La mafia prolifera perché c’è una sottovalutazione della politica.
Tanti gli arresti negli ultimi mesi. A Foggia DecimAzione, a Bari, nel quartiere Sanità di Napoli, in Veneto. “Incominciamo a dire che siamo responsabili noi, non sono solo le batterie, il problema è della città indifferente. L’allarme è quello dell’inquinamento della società civile da parte delle mafie. Prendete il traffico dei rifiuti. Noi abbiamo dei pentiti e dei collaboratori che ci hanno raccontato tutta la filiera criminale”.
Dalle industrie del Nord che non sanno dove smaltire i fanghi per risparmiare, al colletto bianco del Sud che si presta all’imbroglio, fino al camionista e all’agricoltore compiacente che ha fatto sotterrare per anni i rifiuti tombati nei terreni.
“Dobbiamo cominciare ad essere sinceri, abbiamo bisogno di dirci le cose. Foggia è un capitolo a parte rispetto alle altre città di mafia dove si spara di meno. Con DecimAzione tanti boss sono stati messi dentro, ma dobbiamo preoccuparci della riproducibilità e della riproposizione della mafia. Le mafie non sono la marginalità, non sono agglomerati sottoproletari, quello è un sistema che non porta sviluppo ma sopravvivenza, il picciotto guadagnai 700 euro, le famiglie investono nei grandi business. Questo di Foggia è un libro non per dire quanto eravamo belli”.
La pubblicazione serve per dare coraggio e spinta all’azione dello Stato. “Spesso all’ufficio del gip passa un anno e mezzo prima di portare avanti un’indagine, quante estorsioni avremmo potuto evitare? È l’associazionismo la chiave. Scampia è un modello”, ha rimarcato, citando il caso di Arci Scampia. “Queste realtà bisogna aiutarle, mettere queste esperienze in contatto. Iniziamo la strada è quella giusta. I beni confiscati, le olive, le case famiglie. Sono in aumento queste realtà. Certo non porteranno occupazione al Sud né possono sconfiggere da sole il Caporalato. L’OCSE parla di analfabetismo di ritorno. 5 miliardi di persone interconnesse. È lì che si gioca la partita. Il denaro puzza non è vero che non puzza. Quanti fratelli nostri stanno in quel mondo mafioso? Non possiamo chiedere ai giovani di non essere giovani. Il tema dell’analfabetismo è vero. I professori nei quartieri a rischio devono insegnare l’educazione civica. Siamo passati dal 18 al 32 per cento. Questa è il trend di crescita dell’esercito della malavita: sono ragazzi che non studiano né si formano né lavorano. E se non si salvano a Napoli non si salvano neppure a Foggia”.