Non poteva mancare un focus sulla criminalità cerignolana nell’ultimo rapporto della Direzione investigativa antimafia. “Nel Basso Tavoliere – è scritto nell’ultima relazione pubblicata, periodo primo semestre 2018 -, quella di Cerignola resta la realtà criminale strutturalmente più solida: non risente delle ripercussioni dei riassetti e delle fibrillazioni in atto nelle vicine aree e, partendo da un forte e radicato controllo del proprio territorio, attua una strategia operativa di progressiva espansione verso altre aree. Infatti, la capacità di diversificare le attività illecite da cui provengono le ingenti risorse finanziarie e di sapersi rigenerare, dando continuità ai traffici illeciti, le ha permesso di affermarsi anche a livello nazionale”.
Per i magistrati della DIA, “si connota come mafia degli affari, svincolata dalla rigidità tipica delle strutture fondate sui vincoli di familiarità (aspetto peculiare delle mafie foggiana e garganica) e proiettata al raggiungimento di obiettivi a medio-lungo termine, anche grazie, verosimilmente, all’esistenza di un organo decisionale condiviso, in grado di assoggettare in modo pragmatico il tessuto criminale, riducendo al minimo le frizioni”.
E ancora: “La pluralità delle attività della mafia cerignolana, spesso condotte con forme di pendolarismo, costituiscono un valore aggiunto in termini sia finanziari che di carisma criminale nelle relazioni con le altre organizzazioni. Significativa al riguardo l’operazione “Ocean’s Twelve”, conclusa dall’Arma dei Carabinieri, che hanno proceduto al fermo di 5 foggiani, presunti componenti del commando protagonista di un ingegnoso tentativo di furto milionario ai danni del caveau di una società di trasporto valori, con sede nella località svizzera di Chiasso”.
“Ad aprile, poi, nell’ambito dell’operazione “Keleos”, la Polizia di Stato ha eseguito l’arresto di 6 soggetti di origine calabrese e di 3 originari di Cerignola – uno dei quali contiguo al clan cerignolano Piarulli – ed Andria (BT), tutti ritenuti responsabili, a vario titolo, di rapina, realizzata con schemi di tipo paramilitare, aggravata dal metodo mafioso, nonché dal possesso e detenzione di armi e munizioni da guerra, di furto e ricettazione dei veicoli. Costoro facevano parte del commando armato – composto da almeno 15 persone – che, nella serata del 4 dicembre 2016, assaltò il caveau di un istituto di vigilanza ubicato nella zona industriale di Catanzaro, asportando 8,5 milioni di euro in contanti. Le indagini disvelarono la stretta sinergia tra consorterie pugliesi e calabresi, finalizzata ad agevolare la ‘ndrangheta catanzarese di San Leonardo di Cutro, atteso che parte del denaro era stato suddiviso – come raccontato all’epoca da l’Immediato – tra le varie cosche dell’area. Tra gli indagati figurava, peraltro, un pregiudicato andriese, ucciso poi il 23 gennaio 2018 nella città pugliese, attivo nelle fasi preparatorie all’assalto”.
“A febbraio 2018 – si legge nella relazione -, la DIA di Bari ha proceduto al sequestro di beni immobili, ad un complesso aziendale e disponibilità finanziarie – del valore stimato di 700mila euro – riconducibili ad un pluripregiudicato di Cerignola (il 60enne Gerardo Caggianelli soprannominato “La Cola”), dedito a rapine e furti di ingentissimo valore, accusato di aver preso parte ad un sodalizio criminale, con base a San Pietro in Casale (BO), allo scopo di commettere furti in danno d’imprese e di riciclaggio di veicoli ricettati in tutto il nord Italia (Veneto, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Umbria e Toscana). Il provvedimento è scaturito dall’accertamento dell’evidente sproporzione dei redditi dichiarati rispetto al tenore di vita ed agli investimenti effettuati nel tempo”.
Infine, “altro provvedimento ablativo è stato eseguito, a Canosa di Puglia (BT) e a Milano, nel mese di maggio, nei confronti di un soggetto (Luigi Curci, 63 anni) considerato contiguo al clan mafioso “Piarulli-Ferraro”. Il decreto ha riguardato beni del valore di circa 3 milioni di euro”.