
L’assessore regionale dimissionario all’Agricoltura Leo Di Gioia in conferenza stampa questa mattina ha aiutato a capire perché ha deciso “di puntare i piedi”. Subito dopo ha scritto un breve post su Facebook: “Ho appena firmato le mie dimissioni da assessore regionale”.
Il “conflitto con se stesso” è durato anche troppo. E “l’atto plateale” delle dimissioni era necessario. Per uno stimolo per cambiare e per allineare “quello che facciamo a quello che diciamo”. La struttura che mantiene una pressione, da un lato e la politica del presidente che incontra i gilet dall’altro. Al centro delle criticità e della debolezza tecnica dell’assessorato la decisione non condivisa ad inizio legislatura di sostituire il dirigente Gabriele Pagliardini per mostrare un segnale di cambiamento e la concentrazione delle due materie, Psr e assessorato, nella mani del solo Gianluca Nardone, un “galantuomo, uno dei migliori professionisti d’Italia sulla materia”.
“L’esuberanza caratteriale di Michele Emiliano non gli consente di vedere il particolare, io sono il particolare che ha trascurato, chi lavora qui su sua delega è legittimato, è l’attore preferenziale, può essere contestato politicamente, ma non può essere delegittimato, abbiamo lavorato con onore. Non mi sarei dimesso, non sono le agricole a preoccuparmi”. Di Gioia ha deciso di non mostrarsi “supino e subalterno”. “Quello che mi spaventa è non avere la copertura politica necessaria per essere autorevole, se c’è sempre un tavolo più alto del nostro al quale potersi appellare, questo destabilizza non poco”.
Tante le questioni che Di Gioia ha presentato con “chiarezza e verità”, come ha rimarcato. Ma senza toni assolutori “per concludere una esperienza”.
LA DELEGA
“Non abbiamo inteso il nostro lavoro per dare un po’ per uno nei territori. Ci è stato chiesto di sognare e di guardare in grande, ci è stato chiesto di essere al vertice di tutte le regioni agricoli, con l’orgoglio di un paesaggio”, ha detto quasi in esordio Di Gioia. Agricoltura, accoglienza, turismo. “Molti errori sono stati fatti anche per inesperienza, perché avevamo bisogno di imparare, la materia è davvero complicata, abbiamo preso decisioni di impatto ed effetto che non hanno avuto sempre gli effetti sperati. Ci siamo avvalsi di bravi professionisti della materia agronomica e ci siamo avvalsi di chi l’agricoltura la vive. Non è stato facile, gli errori sono rimasti come segni indelebili. La vicenda del Tar ha segnato in maniera seria e profonda il rapporto tra noi e gli agricoltori. I colpevoli sono diventati le vittime e i carnefici sono stati legittimati con una riorganizzazione del racconto in maniera ora politica ora propagandistica. La nostra decisione è lasciare un Psr competitivo, ci è stato imposto di mettere le aziende in competizione, il meccanismo prevede le valutazioni delle performance. Ma è stata mal utilizzata da quelli che hanno concorso ai nostri bandi e in molti casi è stato oggetto di creatività professionali”.
IL PSR
In una Regione con migliaia di pratiche, centinaia di ricorsi al Tar, le difficoltà sono state immense. “Noi oggi siamo al tar dove stiamo dimostrando che hanno alterato le proprie domande per essere nelle graduatorie e molti di quelli che sono stati reali e corretti si trovano in posizione di svantaggio. Questo ha creato una lesione tra noi e gli utenti. La nostra amministrazione è colpevole di non aver pensato che ci fossero così tanti disposti ad alterare il normale gioco della concorrenza e che in molti si sarebbero spinti ad alterare i criteri del bando per avere risorse pubbliche”. Un danno di immagine per la Puglia, prima che una inefficienza pubblica.
“Non è una criminalizzazione dei tecnici, ma alcuni hanno furbescamente utilizzato la buona fede. Ce ne sono alcuni troppo furbi, che raccontano falsità. Con la sentenza di marzo spero che tutto potrà essere chiarito. Noi abbiamo centrato tutti gli obiettivi di spesa e di performance. Già ieri sono state messe in cantiere nuovi bandi per il primo insediamento e per gli investimenti dei ragazzi. Che ci sia un elemento di chiarezza per gli utenti. Il Psr non può essere per tutti gli agricoltori. Vedo proteste vibranti e diffuse. Le risorse non sono infinite. Su 10mila domande sugli investimenti, ne possiamo soddisfare solo 1500. Uno sconforto fisiologico è intrinseco, si è creata una aspettativa che andava al di là delle condizioni che potevamo soddisfare. Non abbiamo però perso risorse, siamo nella media delle altre regioni. Si è drammatizzato in chiave politica”.
L’ex assessore è soddisfatto del suo lavoro. “Abbiamo lavorato su tante leggi: riforma pesca, foreste, caccia che molto ha a che fare con l’agricoltura. Abbiamo prodotto più di 12 leggi sull’agricoltura. È stata la materia più coltivata della Giunta. L’assessorato si è distinto per un lavoro silenzioso, con una capacità di ascolto. Alcuni adempimenti vanno svolti: l’agricoltura sociale. Pur tra luci e ombre il giudizio può essere di assoluta sufficienza. Diciamoci la verità: adesso possiamo raccontare le cose belle e lasciare un testamento politico a chi verrà”.
Né autoassoluzione o autocelebrazione. “In fondo si poteva continuare a soffrire, si poteva continuare a mantenere il timone con eguali sofferenze nel chiuso di un dibattito, ma per una questione di dignità personale e del ruolo svolto in questi anni c’era bisogno di un punto di chiarificazione tra noi struttura assessorile e gli agricoltori e l’assessorato e il resto della Giunta e del Presidente”.
IL RAPPORTO CON EMILIANO
“Io penso che il presidente Emiliano abbia caratterialmente la vocazione di entrare in tutte le materie, non ho posto il tema di essere autonomo nelle decisioni agricole. So bene di essere un delegato del Presidente, so bene che la relazione tra questo assessorato e la Presidenza deve essere intensa, ma penso non possa essere il risolutore. Il presidente non può essere il passante che si accorge che ci sono degli agricoltori e decide di in maniera taumaturgica di ascoltarli e accoglierli. Non è onesto nei miei confronti e degli agricoltori, che si devono fare un giudizio. Il presidente deve avere il garbo di venire in assessorato e partecipare a tutti i tavoli di concertazione e di mediazione. Non può essere la vertenza dei giubbotti arancioni e della Coldiretti a far cambiare lo scenario. L’assessore investito per delega non può essere messo sullo sfondo come se fosse parte solo del problema. Se l’agricoltura è la priorità della nostra regione, occorre continuare a raccontarlo, ma senza che sia esposto al ridicolo, ciò espone anche lui nel ridicolo quando decide di intervenire con tanta generosità, ma anche in maniera grossolana. Se la Puglia decide che l’agricoltura è una priorità devono seguire i fatti”.
LE RISORSE E LA TECNOSTRUTTURA
Molto del malumore rappresentato da Leo Di Gioia dipende anche dalle continue promesse di Emiliano fatte agli agricoltori riguardo il Patto per la Puglia, le cui risorse invece sono state impegnate in tutt’altro modo nel riparto. “La Lezzi trova campo fertile e assoluta ragionevolezza, questo equivoco dei soldi del Patto per la Puglia va definitivamente chiarito. La Regione è in grado di rimodulare i soldi del patto e poi di chiedere i fondi aggiuntivi? Questo equivoco degli agricoltori che vengono in delegazione va chiarito. È un fattore di chiarezza che aiuterà pure il presidente, ci possiamo dedicare a trovare risorse aggiuntivi. Se fingiamo o non diciamo la verità per buona fede facciamo danno anche a chi gli agricoltori li incontra giornalmente”. L’assessorato all’Agricoltura è il front office per i problemi ambientali, agricoli.
Ma non ci sono professionalità adeguate per essere un front office secondo Di Gioia. Tanti sono andati in pensione. “Se i nostri giovani vincitori di concorso e questo assessorato nel riparto dei dipendenti viene lasciato sguarnito, non possiamo continuare a lavorare, c’è stata una penalizzazione del nostro ufficio, avendo eroso la capacità assunzionale. Serve un concorso per agronomi. L’assessore può fare tutti gli sforzi del mondo, ma bisogna programmare un forte consolidamento della struttura. Sono arrivate 3mila domande e non ci sta il personale per le istruttorie, ci si è inventati un software per superare il problema delle istruttorie, ma il metodo informatico è diventato la causa del blocco di un anno e mezzo. Si rende un servizio razionale?”.
Duro l’attacco ai dirigenti, che hanno preferito migrare in altri assessorati per non firmare atti scomodi. Dalla Xylella alle concessione al psr, fino agli espianti di ulivi “dalla vicende politiche devastanti”. “Il presidente deve dare a noi un supporto. Piuttosto che incontrare gli agricoltori e portarli di là a pochi metri dall’assessorato, venga qui e ci aiuti a trovare le soluzioni. Il problema non è parlare con gli agricoltori, il problema è sapere cosa dire agli agricoltori”.
LA XYLELLA
“Uno dei problemi è quello di credibilità. In questi anni abbiamo combattuto per mantenere il punto con tanto sacrificio. Insieme alla dinamicità del Presidente che ha ritenuto di dare ascolto anche a chi pensava che le carezze agli alberi fossero risolutivi. C’è stata l’intelligenza di consentite gli uffici di lavorare. Aspettiamo da tre anni una operazione straordinaria per questo ufficio. Non si può far finta di avocare, di risolvere quando si è parte attiva delle decisioni. Rassegno le dimissioni, do al presidente la delega insieme alla sanità in modo che possa valutare direttamente. Il mio è un piccolo testamento da vivo. Dobbiamo potenziare il personale e dobbiamo farlo subito, chiarire se ci sono le risorse e bisogna farlo subito, ripartire i bandi, dobbiamo mettere nuovi dirigenti che abbiano la forza di firmare atti”. Stoccate anche al commissario Arif e sul tema dei consorzi
“Si chiarisca il ruolo di Arif dove c’è un commissario che risponde alla Presidenza però di cui mi occupo io presso i terzi, saltando di fatto e compromettendo le attività di stabilizzazione”.
Di Gioia ha chiesto che Emiliano eviti di “portare la palla avanti per avanti”. “Le mie dimissioni richiamano alla responsabilità complessiva di chi ha ruoli in questa materia. Non sto dicendo che mi auto sottraggo dal giudizio collettivo che tutti dovete dare, ma sarebbe il caso di utilizzarla bene la nostra presidenza, la sua strabordante capacitò di essere comunicativo e di essere presente in ogni territorio, di essere concittadino in ognuna delle nostre amministrazioni in Puglia deve essere un grande valore. Così Emiliano rivincerà anche la prossima volta”.
Di Gioia ha annunciato che chiederà di non essere inserito nella commissione agricoltura. “Penso che sia molto igienico oltre a saper fare gli assessori anche saper fare gli ex assessori – ha detto rivolto sicuramente a Nino Marmo e Dario Stefano -. Gli ex assessori per l’esperienza che fanno dovrebbero essere di ausilio e di supporto e non ergersi a giudici. Questa agricoltura viene da tante stratificazioni, errori, intuizioni. Abbiamo grandi imprese, piccoli contadini e a loro e per loro che bisogna lavorare”.
Ha vissuto entrambi come degli alter ego, accusando gli ex assessori di ancien regime. Non sono mancate le ironie nel finale.
“Ho sperimentato da vivo gli elogi funebri, tante attestazioni di amicizia essendo ancora vivo, se mi fossi dimesso prima sarebbero stati ancora di più, sarebbe stato ancora più utile. Spero che il presidente non si senta offeso. Un assessore nominato è portatore di valori, di una cultura, di una dignità che va tutelata e difesa, penso e spero che gli agricoltori possano vedere realizzati i sogni e le speranze. Penso e spero che venga restituito onore a questo palazzo, ci sono molti dipendenti ancora molto attaccati al loro lavoro. Ce ne sono alcuni che non sono leali e fedeli nell’espletare il loro lavoro”.