Assolti perché il fatto non sussiste. Questa la sentenza di primo grado del processo “Super Soap” a carico di Dina Francavilla, moglie di Mario Lanza e sorella di Antonello Francavilla (esponenti della Società Foggiana) e del genero Antonio Salvatore detto “lascia lascia”. I due furono arrestati a marzo 2017 dai carabinieri di Foggia perché accusati di estorsione nei confronti degli imprenditori del gruppo “Grieco” che gestiscono la nota catena di negozi di detersivi, “Pro Shop”.
Il pm aveva chiesto cinque anni di detenzione per entrambi, accusati di aver preteso dagli imprenditori cerignolani la fornitura di detersivi per l’igiene della casa del valore di 30 mila euro con la quale avrebbero potuto, a loro volta, allestire il negozio che la donna intendeva aprire.
Il fatto di cronaca
Le indagini dei militari riguardarono il periodo dal novembre 2015 al marzo 2016 e partirono dopo alcuni gravi episodi intimidatori ai danni della famiglia Grieco, proprietaria del marchio commerciale. Il 12 novembre 2015 il titolare di Proshop, trovò la sua Audi Q5 danneggiata alla carrozzeria e al parabrezza da alcuni colpi d’arma da fuoco. Il 17 novembre, invece, un attentato dinamitardo colpì l’attività in via Zodiaco a Foggia che esponeva il marchio Proshop e che solo dopo è risultata non riconducibile alla famiglia Grieco. Ma i due episodi accesero subito l’attenzione dei militari, convinti fin da subito che dietro potesse celarsi la “solita” estorsione.
Grazie ad attività tecniche, interrogatori e l’attento studio di una ingente mole di documentazione amministrativa e contabile, emersero le pressioni criminali fatte a titolari e gestori di Proshop da parte degli affiliati al clan Sinesi-Francavilla. Secondo l’accusa, la famiglia Grieco fu costretta ad effettuare, in condizioni commercialmente inaccettabili, una fornitura di merce del valore di circa 30mila euro a favore di una società costituita dagli indagati solo il 21 dicembre 2015. In buona sostanza Dina Francavilla era intenzionata ad aprire un negozio di casalinghi a Foggia e pretendeva una fornitura di merce dal noto Proshop per avviare al meglio la propria attività. Dopo qualche resistenza, Grieco accettò – sempre secondo i pm – di incassare il denaro in cambio della fornitura. Assegni di 5mila euro cadauno. Ma stando alle indagini avrebbe ottenuto non più di due assegni, per un totale, perciò, di 10mila euro.