72 anni complessivi di carcere inflitti nel processo per l’agguato nel bar H24 di Foggia datato 29 ottobre 2016. Due, invece, le assoluzioni coloro che erano accusati di favoreggiamento. Questo l’esito della sentenza emessa nelle scorse ore dal gup di Bari nel processo celebrato nell’aula bunker di Bitonto col rito abbreviato. Per la morte del 21enne Roberto Tizzano e il ferimento del coetaneo, Roberto Bruno (entrambi ritenuti vicini ai Moretti-Pellegrino-Lanza), i giudici hanno condannato il 33enne Francesco Sinesi, giovane boss della “Società Foggiana” e figlio del capo mafia, Roberto Sinesi detto “lo zio”, a 21 anni di reclusione in quanto ritenuto istigatore e organizzatore di quell’agguato. 21 anni anche al cugino, il 33enne Cosimo Damiano Sinesi, accusato di aver indicato ai killer le vittime da eliminare. 30 anni a Patrizio Villani, 41enne allevatore di San Marco in Lamis, ritenuto uno degli esecutori materiali dell’omicidio. Il presunto complice non è mai stato rintracciato finora. Per i tre la DDA aveva chiesto l’ergastolo invece il gup ha concesso ai Sinesi le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, cui aggiungere per tutti e tre la riduzione di un terzo della pena prevista dal rito abbreviato.

Assolti perché il fatto non costituisce reato dall’accusa di favoreggiamento aggravato dalla mafiosità, Sergio Ragno, 40 anni e Gaetano Piserchia, 63 anni, stroncato da un malore in aprile a processo in corso: furono arrestati nel blitz del 19 luglio 2017 e scarcerati dalla Cassazione il primo marzo 2018, ed erano accusati di aver partecipato con i 3 coimputati a un summit a casa di Francesco Sinesi poche ore prima dell’agguato del 29 ottobre 2016. La DDA aveva chiesto 2 anni per Ragno e l’assoluzione per Piserchia. Motivazioni della sentenza entro 90 giorni.
Secondo gli inquirenti quell’agguato fu organizzato per rispondere al tentato omicidio di Roberto Sinesi che il 6 settembre precedente scampò alla morte nel rione Candelaro. Proprio ieri, “lo zio” ha incassato l’ennesimo arresto proprio alla luce di quell’episodio. Gli investigatori hanno infatti appurato l’uso di una pistola da parte del boss che sparò mentre aveva il nipotino in braccio, per difendersi dai sicari.