L’uso della violenza fisica nelle relazioni tra i sessi indigna. Eppure nonostante il biasimo sia unanime il fenomeno ha dimensioni inquietanti se è vero che secondo il Consiglio d’Europa una donna su 4 subisce violenza da parte del partner o ex partner nel corso della vita.
Se n’è parlato questa mattina attraverso un’iniziativa dell’associazione di volontariato Impegno Donna nell’auditorium Santa Chiara a Foggia con la presentazione del libro “Da uomo a uomo” di Alessandra Pauncz, psicologa che si occupa da 20 anni dei temi di maltrattamento e violenza sulle donne. L’autrice, chiacchierando con la giornalista del Csv Annalisa Graziano, ha illustrato le testimonianze raccolte al CAM, centro di accoglienza per uomini maltrattanti.
Gli uomini che esprimono le loro fragilità pagano un prezzo altissimo tra i maschi nella cultura dominante. Non basta più “esserci e provvedere” per le donne. Sono cambiati i ruoli, ma non ci sono gli spazi di acculturazione per gli uomini per parlarne. I programmi devono essere un passaggio utile verso la vergogna. “Gli uomini devono imparare a stare in cose che fanno soffrire”, ha detto la psicologa.
Prima del dibattito sono intervenuti sia la presidente di Impegno Donna, Franca Dente con le operatrici del Centro antiviolenza foggiano sia il prefetto, Massimo Mariani.
“Mi occupo personalmente di episodi di violenza, mi interrogo sul perché oggi tanti non riescono a gestire il proprio rapporto con la donna – ha osservato il dirigente dell’Ufficio territoriale del Governo -. Un rapporto affettivo è l’esperienza più bella per le coppie. Le violenze quotidiane che possono sfociare in omicidio sono tante. Quest’anno abbiamo avuto 3 omicidi, una vittima è una donna di Troia, che stava maturando una sua consapevolezza. Di che cosa è fatta questa nostra società se i vicini e i parenti non riescono a conoscere e a sapere nulla di dinamiche violente? Facciamo un errore ad inquadrare la violenza come episodi singoli. Bisognerebbe fare una analisi anche spietata di contesto. Paese, condomini, come è possibile che non esista una qualche rete protettiva della vittima? Il tema è profondo, non è solo un problema degli uomini, ma la patologia investe la società e il nostro modo di stare insieme. Non bastano le forze dell’ordine, occorre cambiare, ma io non ho ricette. Con me ho solo la mia coscienza di uomo, la mia coscienza civile. Gli strumenti per prevenire i delitti ci sono, c’è la denuncia. La legislazione esiste, bisogna sensibilizzare le donne”.
In provincia di Foggia psicologhe e operatrici stanno lavorando su due gruppi psicoeducativi nella casa circondariale di Lucera. Si inizia con dei colloqui individuali per poi proseguire con delle tecniche per gestire determinate situazioni come il time out.
La linea telefonica è iniziata nel 2014. Formazione qualificata e pressing con le istituzioni a Firenze, così è nato il CAM toscano di Alessandra Pauncz e le altre operatrici.
“Il lavoro con gli uomini nasce da una riflessione professionale, lavoriamo con le vittime. Le donne ci chiedevano di parlare con gli uomini, perché rivendicavano delle parti di loro che ancora credevano nella relazione. Il 30% delle donne subisce una qualche violenza nella propria vita”, ha spiegato l’esperta. Per le donne l’uomo violento è come un ologramma enorme che occupa uno spazio gigante, uno schermo immenso. Andava creato uno spazio con quegli uomini che riconoscevano che la violenza era per loro un limite.
“L’idea prevalente è di un uomo che minimizza il problema. La scommessa è dire che sì è vero, ma ci sono anche quelli che riconoscono che la violenza che agita nei confronti delle donne è una vergogna nel mondo patriarcale. Ci deve essere una parte di te che entra in dissonanza. Le relazioni sono cambiate, l’emancipazione delle donne ha cambiato le cose. Gli uomini crescono socializzati da genitori con nuove abitudini, ci sono cambiamenti in atto. Il modello prevalente affettivo è maturo: l’amore non può essere accompagnato alla violenza. Sono spesso gli uomini a criticare il patriarcato, il loro modello maschile dominante”.
Finché la violenza è sinonimo di malattia la cosa non ci riguarda, possiamo allontanarla. Ma l’esperta invita a guardare le situazioni da dentro, nella loro normalità.
“Io propongo un cambio di paradigma, si parla dei femminicidi, sono gravissimi, 130 donne all’anno, un dato costante. Il vero problema è il 14% delle donne in Italia che subisce violenza. Dobbiamo modificare la relazione tra i sessi, dobbiamo cambiare il modo in cui parliamo della violenza, per renderla riconoscibile nel nostro quotidiano”.