Era molto atteso il seminario con Giuseppe Gatti, pm della DDA di Bari che da anni lotta contro il malaffare tra Foggia e Gargano. Già in passato Gatti aveva fornito una vera e propria lectio magistralis nella facoltà di economia in via Caggese. Oggi era invece protagonista dell’incontro dal titolo: “Mafie in Puglia tra modernità e tradizione. Violenza e controllo del territorio”. Con lui Ludovico Vaccaro, Procuratore Capo della Procura della Repubblica di Foggia, Angela Procaccino, Professore di Diritto Processuale Penale presso il Dipartimento di Giurisprudenza, Roberto Lavanna, Responsabile Progetto Tratta Regione Puglia, Direttore Csv, Antonella Morga, Segretaria regionale CGIL Puglia e il Colonnello Marco Aquilio, Comandante provinciale Carabinieri Foggia. Moderatore Michele Gagliardo dell’associazione Libera.
Di notevole rilievo il passaggio di Gatti su Giovanni Panunzio, imprenditore foggiano assassinato dalla mafia locale nel 1992. Il pm ha utilizzato alcuni passaggi della sentenza del giudice contro i killer di Panunzio per ricordare la battaglia di un uomo onesto ma anche per rimarcare il coraggio del testimone dell’epoca, Mario Nero che fu fondamentale per arrivare all’arresto dei killer.
“Dopo ogni telefonata estorsiva era un dramma – le parole della vedova -. Era come se mio marito fosse già morto. Non poteva neanche uscire di casa. Non poteva andare da nessuna parte. Il vivere e il morire erano in parallelo tra loro, anzi il morire era da preferire se poteva valere a guadagnare la serenità perduta”. E il giudice scrisse: “Panunzio avvertiva che la sua era una battaglia disperata. Per lui non c’era scampo. La sua posizione economica se l’era sudata. Partendo da semplice manovale. Un uomo che fin da subito rifiutò il ricatto e non tollerava le estorsioni”.
Ma nella sentenza anche “il coraggio e il dramma di Mario Nero, il testimone”. All’epoca il figlio di Panunzio fece un appello in TV: “Chi ha visto parli”. Nero, vedendo quel filmato si sentì chiamato in causa. Sentiva che quelle parole erano rivolte proprio a lui. “Ho capito che quell’uomo mi stava parlando”, ha letto ancora Gatti. Mario Nero testimoniò ma fu anche costretto a lasciare la città per rifarsi una vita lontano da Foggia”. Fu quella una grande dimostrazione di coraggio. Di ribellione agli atteggiamenti omertosi.
“Insieme si vive, da soli si muore, di morte civile o morte naturale”, la conclusione di Gatti. L’appuntamento col pm è servito a richiamare tutti ad una attenta riflessione sulle mafie nella regione pugliese. Una presenza da molto tempo sottovalutata; che oggi sale alle cronache dimostrando sfrontatezza, radicamento locale e diffusa contaminazione dei legami comunitari locali. Mafie capaci di stare sulla soglia tra modernità e tradizione. Conoscere questi sistemi, individuare le “zone d’ombra” ci aiuta a costruire le pratiche della pedagogia civile e definire al meglio il ruolo e le responsabilità delle comunità locali e dei cittadini. Comunità coese, eticamente orientate alla promozione della cultura della giustizia e della legalità, rendono maggiormente possibile la costruzione di alternativa da parte dei cittadini.