Icona di stile e di eleganza, mito intramontabile. Gianni Versace, l’imprenditore italiano che ha rivoluzionato la moda del XX secolo, diventa il protagonista di un serie in onda su FoxCrime, in occasione dell’arrivo sugli schermi di tutto il mondo di “American Crime Story”.
A vent’anni dalla sua morte, Sky ha deciso di rendere omaggio allo stilista che ha reso la moda italiana un esempio di stile in tutto il mondo, vestendo attrici, principesse, First Ladies. Una vita ricca di successi, dalle prime sfilate ai numerosi riconoscimenti ricevuti nella sua carriera. L’approfondimento televisivo, su uno degli indiscussi geni italiani degli anni ’80 e ’90, si soffermerà sul suo assassinio, avvenuto a Miami Beach nel 1997.
In attesa del 19 gennaio, il colosso delle tv a pagamento, ha pensato di rendere omaggio allo stilista con i volti del mondo dello spettacolo e del giornalismo italiano, attraverso una serie di video interviste.
A raccontare aneddoti, vita e ricordi anche il giornalista foggiano Tony di Corcia, autore della più completa e appassionata biografia esistente su Gianni Versace, nonché di un volume con interviste dal titolo “Lo stilista dal cuore elegante”.
“La sua vita somiglia tantissimo ad un fiaba e anche il fatto che sia morto così tragicamente, non ha fatto altro che aumentare il suo mito” – racconta ai microfoni di Mondofox -. Era un ragazzo partito da Reggio Calabria alla volta di Milano, figlio della sarta più brava in città, era ossessionato dalla moda, dalla bellezza, dall’amore per l’arte, da tutto ciò che esteticamente lo emozionava ed è diventato il più importante, il più influente degli stilisti – continua di Corcia -. Versace rifiutava ogni tipo di etichetta e qualunque percorso prestabilito. Distruggeva le regole e ne creava di nuove perché poteva permetterselo, aveva una profonda conoscenza della sua materia. Se tu vuoi creare qualcosa di nuovo devi distruggere, ma devi anche sapere ricostruire – spiega -. C’è una frase di Versace che diceva: ‘mi ispira tutto, mi ispira la vita, le persone semplici, le rock star’. Non era uno snob, osservava i giovani, il loro modo di essere, di comportarsi e di vestire. Era innamorato della femminilità e sapeva esaltarla. Le sue collaborazioni erano basate sull’amicizia, basti pensare ad Elton John o a Madonna“.
Nella sala ricevimenti di Casa Freda a Foggia, il viaggio nei ricordi oscilla dagli anni ’70, quando insieme ad Armani e a Ferré la maison Versace forma il triumvirato che ha permesso al Made in Italy di scalzare la gloriosa moda francese e di rendere Milano la capitale mondiale del prêt-à-porter; all’esaltazione degli anni ’80, quando la top model Naomi Campbell graffiava la passerella della sfilata Versace sulle note di Freedom. “Erano le star ad andare a casa sua. Sapevano che un suo abito era quello giusto per entrare nell’immaginario collettivo. Le sue sfilate si facevano attendere: puntava tutto sul potere delle sue modelle, c’era un’atmosfera eccitante, venivano create appositamente delle musiche, come fece Prince ad esempio. Tutto, insomma, era organizzato nei minimi dettagli. Pensate che la sua morte all’epoca è stata la seconda notizia più battuta dopo la morte di Kennedy. La bellezza di Versace era il fatto di essere amato anche da chi non poteva permettersi di comprare i suoi abiti”.