Testamento biologico, a Foggia l’esperienza di Beppino Englaro. Questa legge ha reso l’Italia più matura?

“Testamento biologico tra scienza, etica e diritto”, questo il tema promosso ed organizzato nel convegno del Lions Club Foggia Host, della Sezione Aiga di Foggia e del Club per l’Unesco di Foggia.
La tavola rotonda ha visto il confronto, sull’argomento di recente oggetto di particolare attenzione mediatica, dopo l’approvazione della legge sul biotestamento del 14 dicembre, di illustri personalità del campo giuridico, scientifico ed ecclesiastico.
Moderata da Emilio Carelli, giornalista già direttore di Sky Tg 24, candidato pentastellato e con la partecipazione di Luca Telese, già conduttore di Matrix e di Radio 24, hanno discusso della legge Enrico Infante, sostituto procuratore presso la procura del Tribunale di Foggia, la prof Ombretta di Giovine, ordinario diritto penale dell’Università di Foggia, Irene Riezzo, medico del dipartimento di medicina legale (Università di Foggia), Domenico Marrone, docente di etica morale e direttore dell’istituto superiore scienze religiose di Trani, Filomena Gallo, Avvocato che coordina il collegio di difesa che vede imputati Marco Cappato e Mina Welby per aiuto al suicidio per i casi DjFabo e Davide Trentin, nonché segretario dell’associazione Luca Coscioni, e la prof Lucia Bozzi, ordinario di diritto civile dell’Unifg.
Il convegno ha visto altresì la partecipazione di Beppino Englaro, noto per la sua battaglia per l’interruzione dell’alimentazione artificiale nei confronti della figlia Eluana, il cui caso divenne una lunga vicenda giudiziaria e un caso politico tra la famiglia sostenitrice dell’interruzione del trattamento e la giustizia italiana. Ludovico Vaccaro, procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Foggia, ha chiuso l’incontro.

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Il convegno è stato patrocinato da Provincia di Foggia, Università di Foggia, Comitato pari opportunità dell’Ordine degli Avvocati di Foggia, Ordine dei Medici di Foggia, associazione italiana Donne Medico, associazione radicale Maria Teresa di Lascia e dalla rivista De Iustitia. Tutti i relatori hanno sottolineato il rapporto tra medico e paziente.
Nei saluti istituzionali la direttrice del dipartimento di Giurisprudenza, Donatella Curtotti ha rimarcato l’attualità del tema, che “interessa tutti”. “Non esiste una formula magica, il legislatore aveva un compito difficilissimo. Questa legge dovrà trovare applicazione. L’auspicio è che il lavoro dei nostri ricercatori ci aiuti a rendere questa legge una buona legge”, è stato il suo commento.
Il sindaco di Foggia Franco Landella ha invitato tutti a non avere preconcetti in un senso o nell’altro, elencando i due aspetti della legge, la volontà del paziente e l’accanimento terapeutico. Gli ultimi giorni, come ha ricordato Telese, sono stati occupati da Marina Ripa di Meana, che ha scelto la sedazione palliativa profonda e avanzata, una delle nuove possibilità.
Luca Telese ha provato a dare una testimonianza emotiva. Suo padre e un amico hanno vissuto momenti difficili.

“Si dice fine vita per non dire morte. Dove si muore? Non si può più morire a casa. Adesso se apriamo uno squarcio di verità, il voto di dicembre è arrivato senza guerre sante. Se questa tregua non è frutto del caso, dobbiamo mettere altre forme sul tavolo. Gli hospice non possono essere uguali all’ospedale, non può essere un cimitero. In radio abbiamo parlato per tre giorni di Marina Ripa di Meana. C’è un punto in cui i corpi diventano gusci di sofferenza, nessuno vuole morire in un posto brutto. Dobbiamo immaginare uno spazio tabù, in un Paese in cui aumenta l’aspettativa di vita dobbiamo fare uno sforzo per liberare i corpi dalla sofferenza”, ha evidenziato.
Il sostituto procuratore Enrico Infante da magistrato dà il benvenuto al dettato del legislatore quando taglia il tema in 3 fattispecie. La prima: consenso pienamente informato, l’autodeterminazione è primaria e piena. Si tratta dell’ipotesi più facile.
La seconda: la situazione di vita del minorenne e dell’incapace, chi deve decidere deve farlo con lo scopo della tutela della salute psicofisica e della vita, nel pieno rispetto della dignità. Le scelte pro morte sono illegittime? Le scelte Englaro sono ancora possibili? “Forse il legislatore si è lasciato scappare il tema”, ha argomentato Infante.
La terza: le Dat, ora per allora. “Non possono che essere scelte generaliste – ha aggiunto il pm -. C’è una opzione fondamentale. C’è una ostinazione ragionevole? La legge ti obbliga ad indicare un fiduciario. Se non c’è, il giudice tutelare lo deve nominare. Sarà il fiduciario ad avere il pallino, il quale oltre ad essere l’erede spesso è gravato, psicologicamente usurato”. 9 volte su 10 il fiduciario, secondo Infante, si trova in condizioni di debolezza. Il rapporto tra morente e chi lo ha in carico potrebbe essere diverso a seconda delle condizioni economiche e umane del nucleo di chi assiste il malato.
Con questa legge gli italiani sono diventati maggiorenni, non si dovrà assistere più a casi come quello di Welby ed Englaro, hanno detto molti relatori.
Buona morte, attiva o omissiva. L’approccio umano è uguale. “Io nutro delle perplessità, ci sono studi empirici che dimostrano che la libertà è frutto di un infingimento. La questione non è riducibile tra laici e cattolici. Il diritto di morire può diventare un dovere per un malato che si percepisce come un peso”, hanno rilevato le giuriste, che hanno molto analizzato le Dat.

Beppino Englaro ha portato la sua esperienza. Non ci saranno altre Eluane in Italia con la legge. “Sono passati 15 anni per affermare l’autodeterminazione di Eluana. Nessuno può decidere al posto o per un’altra persona. Noi avevamo la pretesa di poter dialogare per Eluana. Con questa legge non si lascia a nessuno di disporre: si lascia che la morte accada. Chi ha idee chiare come Eluana non darebbe mai il consenso, scrivo io nero su bianco. Uno che ha idee chiare e forti può dire no grazie”, ha detto con forza rivolto al pm Infante che più di tutti ha “messo in crisi” la legge.
Non ci sono verità su questo tema, ha concluso il procuratore Vaccaro. Relativismo delle idee e vittoria di civiltà nella legge, che contiene però tante omissioni. Questi gli assiomi.
“Questa legge non contempla un diritto di morire, ma il rifiuto delle terapie. Tant’è che permane la punizione per l’aiuto al suicidio. Altri punti critici sono il problema delle Dat, dalla forma alla temporalità fino alla possibilità di disattenderle. Sono anni che chiedo che venga spiegato il consenso informato. Cosa succede se il medico non rispetta le Dat? Se si sottopone un paziente ad un trattamento non consentito si ipotizzano profili di colpa, facendo errori clamorosi di costruzione dogmatica”. I punti interrogativi sono tanti e coinvolgeranno i prossimi parlamentari della nuova legislatura.

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