Età moderna/ Duro colpo alla mafia del Gargano: bocciati ricorsi di “Baffino” e “Natale”, uomini del clan Romito

di FRANCESCO PESANTE

Duro colpo alla mala del Gargano. La Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di alcuni “pezzi da novanta” della criminalità del promontorio, nell’ambito del processo “Età moderna” contro il sistema delle estorsioni del clan Romito. Al centro dell’inchiesta, sfociata nei 30 arresti dell’ottobre 2013, ci fu anche Mario Luciano Romito, il boss morto ammazzato nella strage di San Marco in Lamis del 9 agosto scorso. Agli arresti, oltre al capomafia, ci finirono alcuni suoi storici sodali. Su tutti il suo luogotenente a Mattinata, Francesco Pio Gentile detto “rampino” o “passaguai”, Antonio Quitadamo detto “Baffino”, “primula rossa” mattinatese e Francesco Notarangelo detto “Natale”. In “Età moderna” venne pizzicato anche Andrea Quitadamo, fratello di Antonio, soprannominato “Baffino junior”. Notarangelo e Antonio Quitadamo vennero collocati al centro dell’operazione e condannati a 4 anni di carcere a testa per racket. Inutile il ricorso dei legali.

“Nessuno degli illustrati ricorsi è idoneo a superare il previo e doveroso vaglio di ammissibilità”, così si è espressa con recente sentenza la sesta sezione penale della Corte di Cassazione (presidente Domenico Carcano). Bocciati i ricorsi proposti da Angelo Cariglia, classe 1980, Giuseppe Della Malva, classe 1964, Francesco Notarangelo detto “Natale”, classe 1965, Antonio Quitadamo, classe 1975, Andrea Quitadamo, classe 1989, Giulio Quitadamo, classe 1982 e Umberto Sforza, classe 1964 contro la sentenza del novembre 2016 della Corte d’Appello di Bari.

Nell’operazione “Età Moderna”, condotta dal Servizio Centrale Operativo insieme alle squadre mobili di Foggia e Bari e al commissariato di Manfredonia, con l’ausilio del Reparto Prevenzione Crimine e del Reparto Volo di Bari, finirono nel mirino degli inquirenti ben 30 persone, “tra cui esponenti di spicco della criminalità garganica, operanti nei territori ricompresi tra Manfredonia – Mattinata – Vieste”.

Tutti fortemente indiziati di essere implicati, a vario titolo, nei reati di estorsione, detenzione e porto illegale di armi, nonché illegale detenzione e cessione di sostanze stupefacenti. Le indagini riguardarono in primis la famiglia Romito ed in particolare il boss Mario Luciano Romito, ritenuto all’epoca il referente del sodalizio, nonché elementi di elevata caratura criminale a lui attigui e subordinati, operanti nei territori del comune di Mattinata, responsabili di aver perpetrato estorsioni ai danni di imprenditori locali, di aver illegalmente detenuto e ceduto sostanze stupefacenti e, infine, di aver illegalmente detenuto e portato in pubblico armi, strumenti quest’ultimi, funzionali al cosiddetto “controllo del territorio“.

La minaccia: “Vostro stabile diventerà cenere”

Furono tre i filoni dell’inchiesta “Età moderna” basata su intercettazioni tele­foniche e ambientali. Il primo e più im­portante riguardò una serie di estor­sioni, portate a termine e/o tentate, ai danni di imprenditori mattinatesi, col­legate anche al racket della guardiania, con l’imposizione alle vittime di assumere custodi per evitare problemi. Francesco Notarangelo e Antonio Quitadamo taglieggiarono un imprenditore che si vide recapitare una lettera del seguente tenore: “Avete una settimana di tempo per mettervi in regola, sapete a chi rivolgervi altrimenti il vostro stabile diventerà cenere. Occhio alle confidenze, non interpellate le forze dell’or­dine per il quieto vivere, distinti saluti”.

Un secondo filone dell’inchiesta riguar­dò singoli episodi di spaccio di hashish essenzialmente nella zona di Vieste dove fu coinvolto Giuseppe Germinelli, ritenuto all’epoca vicino ad Angelo “cintaridd” Notarangelo, boss viestano ucciso nel gennaio 2015. Riguardo agli episodi di spaccio spuntò qualche contestazione anche su Mattina­ta.

La terza tranche, infine, si incentrò sulla detenzione illegale di armi nell’ambito dell’in­dagine più ampia sulla guerra di mala scoppiata tra il 2009 e il 2010 tra Manfredonia e Monte Sant’Angelo tra esponenti delle due famiglie un tempo alleate, i Libergolis da una parte e i Romito dall’al­tra. Quel­la guerra contò in 18 mesi 6 omicidi e 2 agguati falliti (entrambi ai danni proprio di Mario Lu­ciano Romito): per nessuno dei fatti di sangue si è mai arrivati ad arresti e incriminazioni.

Sentenza integrale, clicca qui ?? ETÀ MODERNA

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