di MICHELE IULA
Una mole imponente di debiti fuori bilancio (1,2 milioni di euro) per il rimborso delle spese legali scaturite dall’avvenuta assoluzione di amministratori e dipendenti del Comune di Foggia coinvolti in diversi procedimenti penali e conclusi con sentenza di assoluzione. La Corte dei conti ha scandagliato gli atti per comprendere la legittimità dei rimborsi per alcuni procedimenti del 2011, condannando il funzionario avvocato Antonio Puzio alla restituzione di 357mila euro al Comune. L’importo è stato abbattuto del 50 per cento dai magistrati contabili (originariamente era di 725mila euro), tra le altre cose per l’attenuante della “esistenza di una inveterata prassi conforme”.
Il dispositivo entra nel dettaglio tecnico della liquidazione di alcune parcelle, tirando in ballo anche il dirigente Carlo Dicesare, il quale è stato tuttavia pienamente assolto. Nei casi analizzati, viene precisato che “non è stata prevista la riduzione del 50 per cento dei compensi, così come esplicitamente espresso nella delibera di riconoscimento dei debiti fuori bilancio”. Oltre alla sentenza di assoluzione di 4 vigili urbani in Corte d’appello (parcelle per 340mila euro), la Procura ha richiamato i rimborsi effettuati, mediante emissione di mandati direttamente in favore dei relativi difensori e senza operarsi la dimidiazione dei compensi (come espressamente previsto nella deliberazione di riconoscimento di debito fuori bilancio), in favore degli ex sindaci Paolo Agostinacchio (141mila euro) e Orazio Ciliberti (5400 euro), e dell’ex assessore Angelo Benvenuto (21.870 euro). Puzio, inizialmente, aveva provato a “scaricare” la responsabilità erariale sul dirigente Dragonetti, perché ritenutosi “incompetente” nella gestione del fatto per via della posizione occupata, ovvero quella di “mero funzionario avvocato” (e non dirigente). Per di più, ha dichiarato di essere stato “costretto a sottoscrivere” per via del rapporto fiduciario del coordinatore e in “assenza di un regolamento sulla delega”. In questa circostanza, ha sottolineato la “consolidata prassi amministrativa fino a quel momento radicata presso il comune in consimili vicende”.
Peraltro, era emersa anche la possibilità di allargare la responsabilità del danno ai consiglieri comunali e all’assessore al ramo (che peraltro era un avvocato), ma la Procura ha sottolineato che “non è corretta la predisposizione di una delibera consiliare onnicomprensiva di plurime vicende penali senza una analitica istruttoria per i singoli casi contemplati e, in ragione di ciò, l’organo consiliare non aveva possibilità di adeguata valutazione”.
Tra gli altri casi citati in delibera, c’è il “rimborso di spese legali, per un complessivo importo di 539.213,61 euro, ai dipendenti comunali Dragonetti Domenico, Marcellino Giuseppe, Stanchi Antonio, Maffei Vincenzo, Biagini Ferdinando, Ercolino Matteo e Pedretti Raffaele” e la “liquidazione di 68.522,84 euro al dipendente Marcellino”. E ancora procedimento a carico di Matteo Ercolino, per il quale sarebbe stata adottata una “gravissima condotta” perché “dagli atti – scrive la Corte dei conti – non emergerebbe in alcun modo quale sia il contenuto del decreto di archiviazione, non vi sarebbe prova del pagamento effettuato dal funzionario nei confronti del proprio legale e, a fronte di un riconoscimento di 1.951,60 euro, risulterebbero erogati 2.575,60 euro“. Alla fine ad essere condannato è il solo Puzio perché, firmando pareri e atti, “ha assunto la paternità giuridica del contenuto di tali atti, rendendosi pienamente responsabile delle conseguenze che ne discendono”.
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