di FRANCESCO PESANTE
È tornato oggi in provincia di Foggia, Nello Trocchia, giornalista di Nemo (Rai 2), aggredito questa estate a Vieste mentre era impegnato a svolgere un’inchiesta sulla mafia garganica. Occasione della visita, il corso di formazione “I Cento Passi”, organizzato da Ufficio Scuola dell’Arcidiocesi di Foggia-Bovino, Cidi e Libera. L’appuntamento si è tenuto nell’Aula Magna dell’Istituto Einaudi di via Napoli a Foggia, dove oltre al giornalista sono intervenuti il prete anticamorra della Terra dei Fuochi, don Maurizio Patriciello e il procuratore Domenico Seccia. Prima dell’evento, Trocchia ha rilasciato alcune dichiarazioni a l’Immediato.
“Ciò che più mi ha colpito della mafia garganica è la ferocia – ha esordito -. Un vero e proprio tratto distintivo che si va ad aggiungere ai rapporti con imprenditoria e pezzi di politica. Non è un caso lo scioglimento di alcuni comuni (Monte Sant’Angelo, ndr) e del rischio scioglimento per quello di Mattinata dove si attende l’esito del lavoro della Commissione d’accesso agli atti. Il fatto che l’80% degli omicidi degli ultimi 30 anni non abbia trovato colpevoli è un dato emblematico. L’omertà si edifica in quelle realtà dove i poteri istituzionali non sono ben identificabili e forti. Questo spiega anche il silenzio di numerosi imprenditori durante i processi”.
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Da agosto scorso, il ministro Minniti ha potenziato la presenza di forze dell’ordine. Ma bastano i militari o sarebbe necessario istituire una sezione della DDA? Trocchia risponde così: “I militari sono importanti. La gente notando la loro presenza percepisce l’impegno dello Stato. Ma serve anche altro. La DDA a Foggia rappresenta un tema. Troppe province sono prive di organismi di contrasto preparati a certi fenomeni. È successo a Latina e succede a Foggia”.
Un’ultima battuta sulla visibilità, adeguata o meno, che la criminalità locale sta ottenendo a livello nazionale. Troppo spesso, infatti, la mafia foggiana è sempre stata percepita come mafia di Serie B. “Su questo punto voglio ricordare l’audizione dell’ex questore Silvis quando dichiarò che non si possono aspettare vittime illustri e innocenti prima di agire. Abbiamo sicuramente sbagliato, noi come organi di stampa nazionale. Serve concentrarsi di più. Le sporadiche inchieste non bastano. Accade la strage di San Marco in Lamis ma se ne parla per due mesi. Ostia? Se ne parla per altri due mesi. Dobbiamo capire che il contrasto alle organizzazioni criminali deve essere prioritario per questo Paese. Bisogna lasciare in mutande mafiosi e impreditori collusi – ha concluso il giornalista -. Solo così debelleremo realtà come la Società Foggiana e la mafia dei montanari”.