di DAVIDE GRITTANI
Sono il Signor 79290. Così è scritto sulla tessera OdG, datata 25 maggio 1996. Ma sono anche il Signor 0. Zero crediti nel 2016. Zero nel 2017. Zero tondo, insomma. Come il mio conto in banca. Come il numero da comporre per prendere la linea. Come il prefisso della mia Professione.
Ogni tanto chi dice di volermi bene mi fa arrivare degli spifferi: “Sta attento, senza crediti non si va in Paradiso”. E io, che all’Inferno ci sto da Dio, non so che pensare. Già perché, questa faccenda dei crediti imposti dalle prescrizioni mediche della cosiddetta Formazione professionale, sta diventando una ossessione. Non per me evidentemente, visto che sono (e farò di tutto per restarci) a zero. Ma per la stragrande maggioranza dei Colleghi, che senza battere ciglio hanno lasciato che alcune regole contabili esprimessero giudizi di merito (e metodo) sulla loro passione, sulla loro scrittura, sulle loro letture, sui loro sacrifici, sul loro sudore. Senza accorgersi che il principale pericolo di una Professione già in avanzato stato di decomposizione, fosse quello di restare schiacciati da un enorme, scintillante, inutile convegno.
Cos’è accaduto? Che da qualche anno fare la spesa al Conad assicura 3 crediti ai Colleghi che ancora riescono a mangiare (non certo per mancanza di tempo, ma per gli stipendi che non percepiscono – in alcuni casi – anche da anni). Alla Dok solo 2, ma stanno trattando e sembrano esserci ragionevoli margini di ottimismo. Accompagnare i figli a scuola 1 solo credito, ordinaria amministrazione. Fermarsi per strada a parlare con un’autorità, un politico o un amministratore, invece è indice di rispetto: 4 crediti.
Più o meno questa la formazione professionale offerta alla mia Gente, a una Categoria che – come disse Alberto Moravia ai funerali di Pier Paolo Pasolini – dovrebbe “essere considerata sacra”. Questa la palla lanciata dai padroni, col risultato che – serva o no, sia utile o no – tutti si sono liberati del guinzaglio e si sono dati da fare per rincorrerla. Chi insegna ai corsi di formazione per Giornalisti? Disoccupati cronici che la Professione se la sono fatta stampare sulla carta d’identità, come se Cristo gli avesse passato una mano sul capo sentenziando “per il bene dell’umanità, tu nella vita devi fare solo questo”. Improvvisati del web che pretendono di spiegare il web. Colleghi che avranno messo insieme sette giorni di redazione, ai quali coerentemente viene chiesto di illustrare la vita di redazione. Fanatici dei social che propongono soluzioni per migliorare il giornalismo al tempo dei social (come chiedere ai dinosauri di scansare le meteoriti). Funzionari pubblici in pensione che, tra un compleanno e l’altro dei nipoti, si appassionano alla composizione dei titoli, al disegno delle pagine, al taglio dei pezzi. Insomma, tutta roba di primo piano.
Prometto di impegnarmi. Da domani farò la spesa tutti i giorni. In due o tre mesi, con i crediti che avrò accumulato, tornerò in pari con gli anni precedenti e quelli che seguiranno. Ma mentre prendete parte a quei convegni sul nulla che hanno la presunzione di stabilire chi siete e come fate questo Mestiere, ricordiamoCI che la gente legge, osserva e giudica. RicordiamoCI che i campi di addestramento dei talebani senza paura e soprattutto senza nulla di intestato – quelli geneticamente cresciuti nei laboratori in cui trenta o sessanta querele fanno lo stesso – sono proliferati proprio mentre partecipavamo a questi convegni, a queste lezioni in cui chi non potrebbe permetterselo tenta di spiegarci cosa siamo. NOI abbiamo consentito tutto questo, NOI abbiamo permesso che questa Professione s’incarognisse al punto da sbranare tutti la stessa carcassa, al punto da azzannare alla gola gli stessi componenti del branco. Mors tua Vita mea. E in uno scenario così misero, in cui senso delle notizie e verifica dei fatti sono solo elemento di disturbo, non ci si è resi conto del crollo di credibilità nei confronti dei Lettori, della perdita di rispetto da parte dell’opinione pubblica, del piano inclinato che ha portato fino qui. Fino al punto più basso di sempre.
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