
di FRANCESCO PESANTE
Confermata da due assessori la tesi del sindaco di Mattinata, Michele Prencipe. La vicenda è quella relativa alle presunte intimidazioni dell’ispettore di polizia, Bartolomeo D’Apolito nei confronti del primo cittadino. Stamattina nel tribunale di Foggia, sono stati ascoltati – in qualità di testi – il vicesindaco, Angelo Perna e l’assessore all’Urbanistica, Pasquale Arena. Era previsto anche l’esame dell’imputato ma il suo legale ha preso tempo. Se ne riparlerà il 30 gennaio 2018. I due assessori, però, hanno ricostruito quanto avvenuto quel 18 agosto 2015, giorno della conversazione tra sindaco e ispettore, registrata da Prencipe all’insaputa dell’agente di polizia. L’incontro si tenne presso un distributore di benzina tra Mattinata e Vieste alle ore 17 e 23. Alle 19, invece, il sindaco si riunì con i membri della maggioranza per un vertice durante il quale Prencipe avrebbe dovuto confermare la revoca dell’incarico di assessore a Raffaele D’Apolito, figlio dell’ispettore di polizia. Ma senza dare alcuna spiegazione, quell’incarico non fu revocato nonostante accordi intercorsi nelle settimane precedenti. Un dietrofront che lasciò di sasso i membri del governo cittadino. Stamattina Perna e Arena hanno dunque raccontato quanto in precedenza esposto dal sindaco ovvero che l’ispettore avrebbe effettuato pressioni per salvaguardare il posto in giunta al figlio.
Sono invece state respinte tutte le eccezioni avanzate dalla difesa dell’imputato, compresa quella di espellere dal fascicolo processuale le carte relative agli accordi sull’illuminazione pubblica tra Comune e società CPL Concordia. All’epoca dei fatti, l’assessore che curò la vicenda fu proprio il figlio dell’imputato.
Come già ampiamente pubblicato su questa testata, il poliziotto durante quella conversazione si lasciò andare ad alcune affermazioni relative ai rapporti promiscui tra politica locale e criminalità organizzata con riferimenti alla giunta guidata da Lucio Roberto Prencipe, predecessore dell’attuale sindaco. E fece anche un passaggio su quanto successo a Monte Sant’Angelo (“vedi la situazione che è successa pure a Monte”), comune sciolto per mafia poche settimane prima, quando a Mattinata ancora non c’erano avvisaglie sull’arrivo della Commissione d’accesso agli atti, giunta in paese solo due anni dopo.
“Perché quando tu vai a sederti in una masseria e vai a concordare determinate cose… con certi nomi… Antonio baffino e company… bell… bell!” D’Apolito fece riferimento ad un vecchio incontro avvenuto tra uomini riconducibili alla vecchia giunta e Antonio Quitadamo detto “Baffino”, noto boss locale, ritenuto “primula rossa” del clan Romito a Mattinata, nonché proprietario della masseria in questione. A chi si riferiva, posto che non si trattasse dell’ultima ruota del carro? Si punta in alto riguardo all’amministrazione di Lucio Roberto Prencipe? Oggi D’Apolito avrebbe potuto spiegare meglio ai giudici di cosa stesse parlando e avrebbe potuto argomentare anche su un’altra frase registrata quel pomeriggio. Quella relativa al mondo della magistratura: “Non pensare che i magistrati pure oggi non pensare che sono… sono le persone…. io sai quante ne ho viste di queste situazioni… che a volte il trave grosso non vedono però vedono la pagliuzza… hai capito il discorso?” Cosa intendeva e perchè parlò in questi termini al sindaco di Mattinata? Le risposte a tali quesiti tardano ad arrivare.