85 anni di storia, gioia e dolore, ma quale futuro? È l’interrogativo che si pongono i tifosi del Manfredonia. “La pazienza è finita e di conseguenza è arrivato il momento di farsi sentire – si legge nella nota emessa dai tifosi -. Sono giorni particolari per il calcio sipontino. Siamo ad ottobre e come tutti sappiamo, 85 anni fa fu fondata l’As Manfredonia, squadra che da allora rappresenta la nostra città a livello calcistico. 85 anni di gioie e di dolori, 85 anni di tradizione e passione, 85 anni che hanno unito varie generazioni. Ora si spera che tutto questo non finisca”.
Una crisi iniziata già da qualche anno. “Siamo costretti a subire frustrazioni e umiliazioni che non auguriamo a nessun tifoso al mondo. Anche quest’anno il presidente si è lamentato di non farcela, di essere solo e di essere stato abbandonato dalla politica e dagli imprenditori locali, ma adesso che siamo sul punto di non ritorno a chi dobbiamo chiedere spiegazioni? Chi deve dirci perché si è partiti senza una vera programmazione? Chi sono i “dirigenti” che devono metterci la faccia?”.
Anche l’avvio di campionato non è stato dei migliori, cinque sconfitte consecutive e due pareggi con Aversa e Pomigliano. “Siamo ultimi in classifica. Noi ci riteniamo ancora tali, anche se ai ragazzi che scendono in campo va tutto il nostro rispetto. Nonostante i limiti fisici e tecnici ci stanno mettendo anima e cuore. Siamo ancora ultimi perchè non abbiamo una vera società che dopo due pareggi consecutivi dovrebbe rassicurare l’ambiente e il proprio staff tecnico. Siamo ancora ultimi perché dopo il pareggio interno di domenica, tutto ancora tace, anzi le parole post-gara del direttore sportivo sono molto preoccupanti e non fanno ben sperare. Il copione sembra ormai simile a quello degli ultimi 5 anni con la differenza che quest’anno la classifica è demoralizzante, cosa che credevamo difficile con l’arrivo di pedine dal nome rassicurante arrivate in riva al golfo non certo per opera dell’attuale società capitanata da Antonio Sdanga. Infatti – aggiungono – in virtù di questa indefinibile situazione, questa Società è costretta a dipendere ormai da anni dalle promesse della politica. Promesse che non vengono mantenute. Il perché non è dato saperlo, fatto sta che gli imprenditori del posto sembrano aver dimenticato la squadra della loro città, di cui si vantano di sostenere. Il risultato è che un’intera tifoseria vede da anni mortificata la sua legittima voglia di esser fiera della propria squadra. Viene meno ormai qualsiasi aspettativa che possa accendere quell’entusiasmo che questa piazza merita. Sta così morendo lentamente l’ultimo baluardo dell’aggregazione sociale cittadina, muore così quel sentimento di appartenenza, anche tra i più giovani, che solo il calcio sa dare. Muore, sotto lo sguardo impassibile di chi ha la possibilità e non fa nulla, un pezzo di storia della città. Noi chiediamo normalità, noi chiediamo una vera Società un vero progetto calcistico. Siamo stanchi dei silenzi e delle mezze verità – concludono -. Vogliamo chiarezza”.