Potremmo parlare di una carenza generica della prestazione dei servizi professionali rispetto alle loro capacità che causa un danno al soggetto beneficiario della prestazione. Come potremmo parlare di malasanità. D’altronde è la stessa cosa, detta con più parole, intrinseca nel suo significato. Giornalisticamente la malasanità è la cattiva gestione dell’assistenza sanitaria, causa di disservizi, scandali, errori, e tutto ai danni del cittadino, che può essere anche un medico. Ma qui non è un medico ad essere incappato nella morsa della superficialità di qualche professionista dal camice a volte bianco, a volte verde. Si tratta di una bambina, oggi sedicenne, che fin dalla tenerissima età, circa tre anni, ha convissuto con un malattia congenita che l’ha sottoposta ad un calvario tuttora in corso, e che purtroppo peggiora.
Per motivi di privacy chiameremo Maria la giovane vittima della malasanità locale. Maria è nata a Torremaggiore. Ora risiede con i suoi genitori a San Severo, che da oltre un decennio, oltre al calvario medico per far curare il frutto del loro amore, hanno intrapreso azioni legali contro alcuni medici e sedi di loro appartenenza e pertinenza lavorativa. Maria è affetta da una malattia congenita e rara, gravemente invalidante: la Tracheomalacia, seppur in forma secondaria, ovvero “caratterizzata dalla presenza di una zona localizzata di debolezza della parete tracheale, associata ad anomalie mediastiniche (compressioni ab-erinseco da parte di strutture cardiovascolari, masse, malformazioni esofagee). La sintomatologia è la stessa delle forme primitive e, anche in questo caso, la diagnosi è in prima istanza endoscopica, anche se indagini radiologiche (TAC, Risonanza Magnetica) possono aiutare nella definizione eziologica. Il trattamento cardiochirurgico o chirurgico prevede l’eliminazione o l’allontanamento della struttura che esercita la compressione (es. aortopessi)” come descritto dai medici e professori dell’Istituto Giannina Gaslini di Genova (leggi il link: http://www.gaslini.org/servizi/Menu/dinamica.aspx?idSezione=21078&idArea=24497&idCat=24499&ID=24505&TipoElemento=categoria).
In altre parole Maria ha difficoltà a respirare, tossisce e spesso si ritrova in apnea, compromettendo l’adeguata ventilazione polmonare e perciò la vita. Una malattia frutto della superficialità di quei medici che dovevano fin dall’inizio diagnosticarle la causa della Tracheomalacia, ovvero l’anello vascolare in doppio arco aortico. Definita “secondaria” perché nel caso di Maria causata la Tracheomalacia interessa, nel caso specifico, non tutta la trachea localizzando il problema al terzo anello medio e distale.
Noi dell’Associazione Antiracket Capitano Ultimo – Onlus come ben sapete ci occupiamo prevalentemente di avvenimenti legati a fatti di cronaca della criminalità, del racket, dell’usura. Il “prevalentemente” è precipuo ad allargare la sfera di interessamento ad altri fenomeni criminogeni: bullismo e cyberbullismo, Stupri, mobbing, gaslighting, femminicidio, molestie sessuali e psicologiche, casi giudiziari e abbandono dei collaboratori di giustizia, e tanti altri. Insomma, siamo contro ogni forma di sopruso e abuso, affiancando le vittime, supportandole e schierandoci se necessario anche come parte civile. E giacché riteniamo che il caso che ci è stato sottoposto, avallato da documenti medici e giudiziari in nostro possesso (non coperti da segreto istruttorio, perciò divulgabili), è un sopruso, noi lo sosteniamo.
La storia è lunga, piena di avvicendamenti e tortuose vie per addivenire e soluzioni mediche per curare la grave malattia di Maria. Fin da quando nacque Maria manifestò sintomi che dovevano ricondurre alla corretta diagnosi i primi medici che l’hanno assistita; episodi di tosse, dispnea, frequenti malattie delle vie respiratorie. Ed invece nulla di fatto, tant’è che la paziente fu curata semplicemente secondo la farmacologia delle comuni malattie delle vie respiratorie. Poi dopo il secondo anno di età, prossimo al terzo, un calvario fisico e psichico, Maria fu ricoverata (in data 01-03-2004) presso la Divisione Pediatrica del P.O. di San Severo dell’Ospedale T. Maselli Mascia dove la piccola martire fu trattata con farmaci pertinenti a una laringite, poi a una tosse persistente e dopo ancora perfino a reflusso gastroesofageo, con una diagnosi dimissionaria dal ricovero di “raffreddore comune in soggetto con stridore laringeo”. I giorni passavano, i mesi pure e Maria non dava segno di miglioramenti. Perciò i genitori decisero di portarla presso l’U.O. Pediatrica del P.O. della Casa di Sollievo della Sofferenza di S. G. Rotondo (28-03-2005), dove fu sottoposta a diversi esami più specifici, svolti anche in altre date e con una biopsia, perciò un intervento invasivo e svolto in anestesia totale, per una esofagogastroduodenoscopia in modo da consentire al medico di guardare direttamente all’interno di esofago, stomaco e duodeno, rilevando eventuali patologie. L’esame non diede riscontri rilevanti giacché la patologia non era quella. E Maria continuò a soffrire e ad essere curata per una laringotracheite e poi per un laringospasmo, diagnosticati dal P.O. di San Severo, in seguito a malesseri episodici che l’affliggevano.
Come vedete e come potrete comprendere in seguito, Maria fu curata male, per diagnosi palesemente sottostimate dei medici che la visitarono e delle relative strutture mediche, seppur la fenomenologia poteva ricondurre ai comuni malori sopracitati. Ma un medico, un professionista, non può fermarsi al primo sintomo, deve approfondire allorquando si trova innanzi a una bambina nata con parto cesareo in posizione podolica che manifestava sintomi frequenti per problemi respiratori. Nel frattempo le condizioni fisiche di Maria peggioravano per l’anello vascolare in doppio arco aortico non diagnosticato e la Tracheomalacia avanzava inesorabilmente.
La svolta si ebbe a maggio, e precisamente il 17-05-2007, ben tre anni dopo il primo intervento farmacologico, tra l’altro inefficiente. Se i medici locali avessero diagnosticato la patologia congenita rara, Maria non avrebbe subito tutto quello che sta passando. Una superficialità medica che l’ha condannata a una vita sofferente se la patologia che ha causato la Tracheomalacia fosse stata diagnostica subito, per esser chiari. A maggio 2007, presso la l’U.O. di Chirurgia Pediatrica dell’Ospedale Gaslini di Genova, dopo un’accurata diagnosi, Maria fu sottoposta a due delicati interventi chirurgici.
Oggi Maria è quasi maggiorenne. La Tracheomalacia l’ha segnata e con essa le difficoltà respiratorie cui è sottoposta. Va a scuola e non può svolgere attività motorie ed anche ludiche che richiedono sforzi. Una vita senza aiuti da parte di chi si dovrebbe occupare di persone invalidate poiché nel luglio 2015 la Commissione Medica per l’accertamento dell’Invalidità dell’ASL di Foggia non ha riconosciuto a Maria l’invalidità e perciò le “agevolazioni” del caso: è nero su bianco nel documento n° 3930677705517 dell’Asl FG. Sembra quasi che Maria abbia ricevuto la beffa dopo il calvario.
Associazione Antiracket “Capitano Ultimo”