

Si chiama Mariko Tahitov, ivoriano, ha 27 anni ed è rinchiuso nel carcere di Foggia dal luglio 2016 per l’omicidio di Ibrahim Traore, 34enne del Mali. Nel pomeriggio del 27 luglio 2016 i carabinieri di San Severo intervennero nel Gran Ghetto tra Foggia e San Severo (poi smantellato) a seguito della richiesta di intervento da parte di un cittadino straniero per una rissa tra due persone all’interno della baraccopoli.
Giunti sul posto assieme a personale del 118, i militari constatarono la presenza di un cittadino maliano gravemente ferito da una coltellata all’addome. L’uomo, Ibrahim Traore, immediatamente soccorso e trasportato al pronto soccorso di Foggia in condizioni estremamente critiche, morì nella notte. Raccogliendo alcune testimonianze direttamente sul posto, i carabinieri rintracciarono Tahitov nel frattempo barricatosi all’interno di un manufatto circondato da numerosi cittadini stranieri che manifestavano intenti aggressivi nei confronti dell’uomo. Volevano linciarlo.
In carcere, l’omicida ha incontrato in più occasioni Roberto Catanesi (noto per il caso Nadia Roccia), docente dell’università di Bari e ordinario di psicologia forense. Bizzarro il sogno rivelato dal 27enne ivoriano al professionista: “Vorrei trovare un lavoro qui in carcere, la pornostar. Lei mi può aiutare?”. Dalla perizia sul cittadino africano è emerso che il giovane è affetto da disturbo psicotico e ha una modesta dotazione intellettiva. All’epoca dei fatti aveva, per infermità, la capacità di intendere e volere già gravemente scemata. È da considerare socialmente pericoloso per questo sarebbe necessaria la detenzione in una rems (ex ospedali psichiatrici).
Perizia psichiatrica chiesta a gran voce, fin dalle prime battute, dall’avvocato Margherita Matrella a causa dei continui scatti d’ira del 27enne che in carcere avrebbe anche aggredito alcuni agenti di polizia penitenziaria. Il legale dell’ivoriano punta sulla legittima difesa in quanto sarebbe stato Traore ad aggredirlo per prima, l’accusa ribatte con la tesi dell’omicidio volontario. Si dovesse comprovare il disturbo mentale, l’omicida otterrebbe anche un sensibile sconto di pena. A breve la sentenza di primo grado per uno dei fatti di sangue più gravi avvenuti nel Gran Ghetto.