In calo il numero di cambi di residenza nell’ambito dei confini nazionali: nel 2015 sono 1 milione 284mila, un valore in linea con la tendenza degli ultimi anni (ad eccezione del 2012 ), in calo di 29mila unità rispetto all’anno precedente (-2,6%), ed è il più basso degli ultimi dieci anni. Lo dice l’Istat nel report riferito alle migrazioni internazionali e interne della popolazione residente. A farla da padrone sono gli spostamenti di breve e medio raggio (tra province e tra regioni), rappresentano come sempre la tipologia di trasferimento principale (75,6% del totale).
Rispetto agli ultimi anni non si evidenziano sostanziali differenze di composizione fra trasferimenti a breve-medio o a lungo raggio (inter-regionali), rappresentando questi ultimi pur sempre un quarto del totale (24,4%).
Guardando alla suddivisione per aree territoriali, sono le province del Nord le più attrattive, i trasferimenti tra Comuni comportano un saldo migratorio quasi sempre positivo. Il Trentino-Alto Adige (+2,4 per mille) si conferma la regione più attrattiva seguita da Emilia-Romagna (+2,1 per mille), Lombardia, Toscana (+1,4 per mille) e Friuli-Venezia Giulia (+1,2 per mille). Più contenuti i tassi migratori netti nelle altre regioni importanti sul piano economico e demografico, come Lazio (+0,8), Piemonte (+0,7) e Veneto (+0,6). Nelle regioni del Mezzogiorno si osserva un saldo negativo con valori elevati in Calabria (-3,2), Basilicata (-3,0) e Campania (-2,6).
Le province più attrattive sono Bologna (+3,9 per mille residenti), Parma (+3,4 per mille) e Firenze (+3,1 per mille).
Il saldo migratorio interno evidenzia una perdita di residenti soprattutto nelle province siciliane e calabresi: Vibo Valentia (-4,8 per mille), Caltanissetta (-4,6 per mille), Reggio di Calabria (-4,3 per mille), Foggia e Nuoro (-3,9 per mille) sono le province con il saldo negativo più elevato. La principale direttrice degli spostamenti è sempre sull’asse Mezzogiorno/Centro-Nord: le regioni Nord-occidentali si confermano molto attrattive mentre il Nord-est e il Centro mostrano una capacita’ attrattiva importante ma più contenuta. Nel complesso il Centro-Nord registra un saldo positivo pari a 44mila unità (+18mila il Nord-Ovest, +16mila il Nord-Est e +10mila il Centro). Il Mezzogiorno, invece, si conferma il principale luogo di origine dei flussi migratori sia dalle regioni del Sud (-33mila) sia dalle Isole (-11mila unità).
La mobilità residenziale coinvolge da sempre prevalentemente cittadini italiani, sebbene la quota dei movimenti di stranieri abbia fatto registrare un significativo incremento nel corso degli ultimi anni. Questo fenomeno è la conseguenza della costante e parallela crescita della presenza straniera all’interno del territorio nazionale. Tuttavia, nel 2015, la quota dei movimenti di cittadini stranieri sul totale dei trasferimenti diminuisce, passando dal 18% al 16%: sono 202mila gli stranieri che hanno trasferito la residenza tra due Comuni italiani (circa 37mila in meno rispetto al 2014) il valore più basso registrato dal 2006. Per gli italiani, invece, i movimenti sono 1 milione 81mila, circa 8mila in più rispetto all’anno precedente.
Anche la propensione alla mobilità degli stranieri è in calo: il loro tasso di migratorietà scende, infatti, dal 7 per mille nel 2007 al 4 per mille nel 2015, evidenziando un progressivo avvicinamento a quello degli italiani, per i quali il rapporto è pressoché costante nel tempo e pari a circa il 2 per mille. I trasferimenti di residenza interni nel 2015 hanno interessato uomini e donne all’incirca in ugual misura (638mila per i primi e 646mila per le seconde). Ciò che in parte li differenzia è il profilo per età: le donne, infatti, presentano il massimo della mobilità all’età di 29 anni, mentre gli uomini lo raggiungono a 31. In generale, le donne presentano un profilo per età più giovane rispetto agli uomini, fino all’età di 50 anni.
Inoltre uno spostamento su sei (220mila, pari al 17%) riguarda un minorenne spesso come conseguenza del fatto che i trasferimenti coinvolgono interi nuclei familiari, anche con figli al seguito.
Nell’età lavorativa, dai 18 ai 64 anni, il flusso dei trasferimenti è molto intenso e pari a 959mila unità (75%), mentre il numero di spostamenti nella fascia di età più alta (65 anni e più) è pari a 105mila (8%). Un’ulteriore caratteristica della mobilità residenziale femminile rispetto a quella maschile è una più elevata frequenza di spostamenti nelle età più anziane, dai 70 anni in su.
Si tratta naturalmente di una conseguenza strutturale dovuta al fatto che in questa fascia d’età le donne risultano molto più numerose degli uomini per via della maggiore longevità. Ciò comporta che l’età media di un migrante sul territorio nazionale sia di 34,3 anni per gli uomini e di ben 35,6 per le donne. Ad ogni modo, negli ultimi anni si registra un significativo aumento della mobilità residenziale anche tra gli anziani, inclusi gli uomini, a indicare che l’aumento della sopravvivenza e le migliori condizioni di salute inducono gli individui a spostarsi in età anche molto avanzata, più che in passato.