Vivo soltanto perchè i killer lo credevano morto. Roberto Bruno, 21enne foggiano, è stato dimesso dall’ospedale dove era finito in gravi condizioni dopo l’agguato di mafia nel bar “h24” di via San Severo. Bruno era rimasto ferito all’addome, nulla da fare invece per l’amico e suo coetaneo Roberto Tizzano, raggiunto e freddato nel bagno del bar dopo che i due killer avevano fatto uscire tutti i presenti, ad eccezione dei loro bersagli.
I sicari, armati di pistola calibro 9×21 e fucile calibro 12 caricato a pallettoni, colpirono Tizzano a braccia, gambe e torace. Il giovane spirò durante il trasporto in ospedale. Nonostante fosse incensurato, la vittima era ritenuta vicina al clan Moretti-Pellegrino-Lanza. Esattamente come Roberto Bruno, già noto alle forze dell’ordine e nipote di Vito Bruno Lanza, uno dei capi della batteria malavitosa, scampato anche quest’ultimo ad un agguato circa un anno fa. Lanza, 63 anni, nonno materno del 21enne, è in carcere da aprile per estorsione aggravata dal metodo mafioso. L’uomo finì dietro le sbarre proprio dopo il periodo di ricovero in ospedale, in seguito all’agguato del 17 ottobre 2015, quando due persone provarono ad eliminarlo in via Troia. Lanza fu anche intercettato durante il periodo di convalescenza ai Riuniti. Per quel tentato omicidio vennero arrestati Biscotti e Spinelli, uomini del clan rivale dei Sinesi-Francavilla.