Proseguono in III commissione le audizioni sulle due deliberazioni della Giunta regionale in materia di riordino della rete ospedaliera. Il presidente Pino Romano ha ribadito che il “tavolo è aperto a tutti”, così come a tutti viene richiesta una memoria scritta “che deve essere patrimonio di tutti i commissari per metterli nelle condizioni di fare le valutazioni quanto più aderenti possibile alla realtà sanitaria pugliese”.
Il fondo sanitario sottostimato attribuito alla Puglia, le modalità di riparto e la problematica del personale dipendente del SSR insufficiente, sono stati i tre aspetti preliminari evidenziati dall’USB, che ha lamentato la filosofia del piano di riordino non improntata sui bisogni di salute, in un contesto in cui già il rispetto dei Livelli essenziali di assistenza non è uniforme su tutto il territorio pugliese. Secondo il sindacato anche questo piano, come quello precedente di Nichi Vendola, non prevede la indispensabile contestualizzazione tra la disattivazione dei presidi ospedalieri e l’attivazione dei servizi territoriali.
Aspetto quest’ultimo evidenziato anche dalla Fials Puglia che si chiede come potrebbero essere attivati i servizi sul territorio se il personale dei nosocomi dismessi viene distribuito negli altri presidi ospedalieri. Altro aspetto posto dal sindacato riguarda la strutture private accreditate e quelle ecclesiastiche che non sono state oggetto di rimodulazioni di posti letto. Evidenziata anche la necessità di riposizionare le attività nell’ospedale di Terlizzi (anche alla luce degli investimenti effettuati negli anni precedenti, ad esempio per l’emodinamica e il parto in acqua), per coprire meglio le necessità assistenziali di quel territorio, così come una distribuzione più organica dei posti letto in provincia di Brindisi già sottodimensionati. Perplessità della Fials anche sulla chiusura della Neurochirurgia del Di Venere, l’unica che nella Asl Bari si occupa di traumi cranici.
“Un piano per fare cassa, per contenere la spesa”. Così l’Usmmo (sindacato medico) che si chiede perché paesi di 60 mila abitanti debbano essere privati dei presidi ospedalieri. Questo comporterà – denuncia – un inevitabile aumento delle liste d’attesa. Il sindacato ha fatto riferimento anche a una serie di omissioni nel piano: ad esempio le U.O previste nel Policlinico di Bari a seguito della convenzione Regione-Università, l’emodialisi, il centro trapianti e la tipizzazione tissutale del Consorziale e la mancanza del Pronto soccorso all’ospedale Giovanni XXIII del capoluogo regionale. Per non parlare della soppressione dei posti letto di chirurgia plastica dell’IRCCS Oncologico, dopo aver creato la Breast unit. Anche l’USSMO ha richiamato la soppressione la soppressione della Neurochirurgia al Di Venere. Nell’intera provincia di Bari si può fare riferimento al solo Policlinico di Bari.
Nel nord barese – secondo il Presidente dell’Area Metropolitana Antonio Decaro, che si fa portavoce delle richiesta dei sindaci interessati -, va prevista la realizzazione di un nuovo ospedale in analogia a quello di Monopoli-Fasano in un’ottica di riequilibrio. Rispetto alla situazione della bassa Murgia, Decaro ha evidenziato la necessità di mantenere i servizi erogati dall’ospedale di Putignano, fino a quando non sarà migliorata la viabilità che risente della particolare conformazione orografica del territorio. Aspetto quest’ultimo evidenziato anche dal Sindaco di Noci che ha chiesto “un’equa distribuzione dei servizi sull’area metropolitana”, evidenziando anche il bacino di utenza di 200 mila persone che gravita intorno all’ospedale di Putignano, a cui si aggiungono le numerose presenze turistiche nel periodo estivo.
Giudizio sostanzialmente positivo sul piano, sia pure con qualche aggiustamento, da parte del presidente della conferenza dei sindaci della Asl di Foggia Francesco D’Emilio, che ha ricordato comunque la chiusura, in occasione del Piano di riordino Vendola, di ben tre ospedali (San Marco in Lamis, Torremaggiore e San Marco in Lamis). Il presidente ha evidenziato la necessità di potenziare il pronto soccorso di Foggia che presenta un bacino d’utenza destinato ad aumentare con la chiusura del pronto soccorso di Lucera e il servizio di elisoccorso nel Gargano e per la isole Tremiti, soprattutto nel periodo estivo.
Sono 40.000 i cittadini della provincia di Taranto che annualmente vanno fuori regione per curarsi. Il dato è stato reso noto dal presidente della conferenza dei sindaci dell’Asl Taranto, Ippazio Stefano, secondo cui le risorse in questione (che vanno ad alimentare le Regioni del Nord), potrebbero essere utilizzate in loco per potenziare i servizi. Stefano ha lamentato il mancato coinvolgimento preventivo nella elaborazione del Piano di riordino.
Giudizio positivo sul provvedimento da parte di Confindustria che ha auspicato una maggiore collaborazione pubblico-privato finalizzata anche ad attrarre in Puglia flussi provenienti da altre regioni e dall’estero. Ad esempio si potrebbero mettere in rete (come si verifica già in Lombardia) i presidi ospedalieri con le strutture territoriali, i medici di Medicina generale e i centri di eccellenza per seguire pazienti cronici a livello domiciliare, con notevole risparmio di spesa. Quindi nuovi sistemi di concertazione pubblico – privato rispetto a cui Confindustria si pone come filiera ideale per l’interlocuzione istituzionale.
Sulle stesse posizioni sostanzialmente anche Confcooperative e Legacooperative: apprezzamento per il riordino dopo gli sprechi degli anni scorsi e disponibilità delle cooperative per progetti pilota che puntino a decongestionare, ad esempio, i pronto soccorso in cui la percentuale di inappropriatezza è ancora troppo alta. Le cooperative potrebbero gestire – come si verifica in altre regioni – servizi in cui controllare l’assunzione della terapia prescritta ai cittadini già ricoverati, evitando accessi al pronto soccorso inutili.