“Sono rientrata al lavoro per 15 giorni, dal 9 novembre al 26 ottobre, poi mi è arrivata la comunicazione dell’amministratore che mi sospendeva dal servizio e dalla retribuzione”. È disperata la dipendente della Sanitaservice di Foggia, società in house dell’Asl locale, “costretta” a stare a casa dopo 17 anni di lavoro prima con la coop La Fiorita, poi con la Cascina, infine con la srl dopo l’internalizzazione del servizio. “Dopo un calvario di 16 mesi – spiega a l’Immediato Anna Di Carlo, dipendente originaria di San Marco in Lamis -, sono stata pure sospesa dal lavoro, come se la mia malattia fosse una colpa. Mi sono sempre occupata di pulizie, dei prelievi e dell’accompagnamento dei pazienti, ma non ho mai chiesto ‘favori’, come lo spostamento in mansioni più leggere, pur lavorando al 118. Adesso mi è arrivato il benservito da Di Biase, che al telefono mi ha aggredito verbalmente dicendomi che comanda lui e le sue decisioni non si possono sindacare”. Adesso, la battaglia si sposterà in tribunale. “Questo caso dovrebbe paralizzare mezza Italia – spiegano i sindacati -, ed il governatore Michele Emiliano dovrebbe intervenire per primo. Anche l’amministratore della società è stato male per un periodo lungo per problemi cardiaci, ci chiediamo: cosa ha fatto allora, si è autosospeso dalle funzioni e dallo stipendio?“.
Le reazioni
Il commercialista di Trinitapoli a capo della società in house ha repentinamente inviato una nota protocollata in cui precisa la propria posizione, che potrebbe essere riassunta così: non abbiamo mansioni utili per il tipo di inidoneità della dipendente, per questo la sospendiamo per il periodo riferito nel certificato medico, ovvero 4 mesi. Un modo per mettersi al riparo, dunque, da eventuali contenziosi che potrebbero nascere successivamente all’utilizzo della prestazione della dipendente, nel caso di complicanze della patologia. Per alcuni docenti di diritto del lavoro dell’Università di Foggia, la dipendente avrebbe dovuto mettersi in malattia dal giorno successivo alla nota inviata dall’amministratore. Ma in questo modo, se si percorre la via giusta segnata dalla legge, non si tiene certo in considerazione l’aspetto psicologico della paziente.
“Ci sono molte persone nella Sanitaservice che non fanno il lavoro previsto dal loro inquadramento”, replica dispiaciuta Anna Di Carlo. Ad aprire una possibilità, è il direttore generale dell’azienda di Piazza della Libertà, Vito Piazzolla: “In punta di diritto ci potrebbe essere una giustificazione nella scelta dell’amministratore unico, ma è chiaro che bisognerebbe tenere in contro altri fattori. Valuteremo se sarà possibile collocarla – rischiando così eventuali contenziosi – in un’altra mansione, non più alle pulizie. Di Biase ha già detto, nella nota, che non è possibile, ma è evidente che con una patologia oncologica, dal punto di vista psicologico – conclude -, è opportuno continuare nell’attività lavorativa piuttosto che mettersi in malattia per un periodo lungo”.