
A luglio piazza Battisti riscoprì “the dark side of the moon” con i giornalisti di Repubblica Castaldo e Assante. Il novembre in musica del Giordano vede in cattedra alcuni esperti di jazz per capire la scuola di New Orleans e le sue evoluzioni. Ieri mattina incontro con Riccardo Di Filippo nel primo atto della storia del genere con proiezioni di video scelti perché “piacevoli, perché si fanno ascoltare, perché ci spingono a ballare, non filmati d’epoca che si vedono anche male”.
Sala Fedora piena per un rito domenicale che in qualche mattinata prevede anche il concerto e che va facendosi “moda” e liturgia. Dopo la storia del mercato discografico, seguito dal caffè concerto del 15 novembre, il programma entra nel merito.
C’era una volta la piazza della Louisiana con il suo intreccio di etnie, di riti tribali, di improvvisazioni, non una cosa da poco ma il cuore del jazz perché questa estemporaneità diventa più importante del compositore stesso. Hai una tromba come strumento centrale, un clarinetto da spalla, una chitarra da accompagnamento e da lì via a raccontare della Dixieland, il modo “bianco” di suonare il jazz, la prima guerra mondiale, le musiche zingare e gitane di Reinhardt, Galliano che ha sentito alcuni anni fa in corso Giannone ma che è stato qui ad aprile scorso.
I ricordi di Di Filippo, 85 anni, risalgono alla Foggia degli anni ‘60: “Partivamo e andavamo a seguire spettacoli per l’Italia. Un giorno ero a Milano per la mia azienda di pasticceria, sto per prendere un rapido ma leggo su un giornale che grandi musicisti si esibiscono il giorno dopo”.
Li cita velocemente convinto che tutti sappiano di chi si parla. In ogni caso di lui si dice che abbia collezionato almeno mille concerti in giro per il mondo: Louis Armstrong, John Coltrane, Miles Davis, Ella Fitzgerald. Una passione totale per il jazz che lo spinge a fondare con alcuni amici (Arbore, Santoro), il “jazz college”. Dal lavoro di anni è venuta fuori un’enciclopedia di 12mila pagine consultabile su web.
In questi tre incontri sul tema passerà in rassegna la sua collezione di dischi in vinile, cd o dvd riprodotta su impianto di alta fedeltà: un patrimonio personale di dischi che diventa “lezione” per chi ne sa poco e una domenica mattina decide di affollare la sala Fedora perché trasmettono jazz e c’è un maestro che lo racconta.