Disoccupazione femminile in aumento in Puglia. La maternità rimane il punto critico per l’assunzione unita alla percezione diffusa, anche se non esplicitamente dichiarata dalle aziende, di evitare di assumere donne. Diminuisce la presenza femminile anche nelle aziende, che, fino a qualche anno fa, le assumevano per consolidata tradizione. Se l’industria meccanica resta appannaggio maschile, calano le donne nei pastifici e nelle aziende medio-grandi svolgono soprattutto funzioni di operaie, pochissimi i dirigenti. I contratti sono part-time con difficoltà di accesso alla formazione, molto limitata la contrattazione di secondo livello. Le donne risultano impiegate prevalentemente nel settore delle pulizie e nei lavori di cura.
I dati sono emersi dal tavolo sulle discriminazioni di genere avviato dalla consigliera regionale di parità Serenella Molendini in convenzione con le università pugliesi e insieme alle rappresentanze sindacali. Sono state effettuate delle ricerche sulle contrattazioni e, nel frattempo, si raccolgono le sentenze del giudice del lavoro e del Tar che riguardano le donne. L’osservatorio verrà presentato il 3 novembre a Bari, al dipartimento di giurisprudenza dell’università. Interverranno, fra gli altri, la consigliera nazionale di parità Franca Cipriani, docenti, sindacalisti, Confindustria Puglia e assessori regionali.
I “consulenti innovatori” nelle aziende
Dato che la maternità continua ad essere ancora il principale ostacolo per l’assunzione delle donne e le “dimissioni in bianco”, secondo l’osservatorio, continuano ad essere pratica molto diffusa, la rete delle donne pugliesi ha deciso di passare dall’impegno nella ricerca di conciliazione, (incremento alle strutture per l’infanzia, sostegni alle famiglie che ne fanno ricorso) ad un percorso di conciliazione con le aziende stesse formando dei “consulenti innovatori”.
“Si sono rivolti a noi per l’organizzazione l’Ikea, l’Acquedotto pugliese, l’Oncologico di Bari, molti call center – spiega Serenella Molendini -, si tratta di destrutturare gli orari per recuperare competitività. Certo occorre molta fiducia, è un nuovo patto fra donne e aziende che ognuno declina a proprio modo. Per esempio abbiamo lavorato con i supermercati Doc. Con gli scarti di produzione hanno recuperato 25mila euro dedicati al welfare aziendale, grandi nomi come Luxottica e Brunello Cucinelli lavorano da tempo in questo modo”.
Il progetto “Lafemme” di Italia Lavoro, a partire da giugno 2014, ha promosso la formazione specialistica di 25 figure multidisciplinari in materia di innovazione organizzativa e welfare aziendale, relazioni industriali, le politiche di conciliazione, diritto del lavoro, diversity management, normativa fiscale per il welfare aziendale e laboratori di consulenza aziendale presso imprese di diversa dimensione operanti nei più diversi settori di attività.
Le azioni di sostegno alla famiglia
Il nodo centrale della scarsa partecipazione delle donne al mercato del lavoro è in larga misura imputato alla questione più generale del problema della maternità – scrive Serenella Molendini in una nota che anticipa il suo intervento al convegno – della non condivisione della “cura” e del work-life balance e di un’organizzazione del lavoro rigida, nonostante, nel corso degli ultimi venti anni, il tema della conciliazione sia stato una delle priorità dell’Agenda europea che ha elaborato e adottato Raccomandazioni, Direttive, Patti e Strategie, fino alla Strategia 2020”.
“La maternità non è vissuta come un valore sociale” nonostante in questi ultimi 8 anni il numero dei nidi sia passato da 80 a 432, diversificato nelle tipologie: tra micronidi, asili nido, ludoteche, centri ludici e asili nido aziendali, la Puglia può contare su 664 strutture per l’infanzia. Altre misure attivate, i voucher di conciliazione in favore dei nuclei familiari con minori in età 0-17 anni per l’accesso ai servizi per la prima infanzia, l’infanzia e l’adolescenza.
Gentile: “Nuove figure professionali”
Elena Gentile è stata assessore al welfare fino all’anno scorso. Promotrice della legge sulla violenza contro le donne approvata a giugno scorso in consiglio regionale (non solo commi ma creazione di centri d’ascolto e case rifugio che, affidate alle Province, sono partite ovunque tranne che in Capitanata), commenta i dati: “Se c’è qualcuno da espellere nel circuito lavorativo si parte dalle donne, l’osservatorio è un occhio sulle situazioni più scabrose, nonostante i bandi c’è un ritardo importante nella formazione, le regioni devono avviare corsi, ripensare la formazione con profili professionali adeguati non solo nei settori dove le donne hanno storie e competenza, nei lavori di cura e nel tessile per esempio, ma nella nuova industria farmaceutica, un mondo che sta esplodendo e che richiede figure adeguate. Questa formazione anche con il sostegno europeo”.
I numeri della disoccupazione
Se pure l’occupazione in Puglia, nel primo semestre 2015, aumenta del +2,7%, l’aumento è attribuibile quasi esclusivamente alla componente maschile, in quanto le donne subiscono addirittura una contrazione di 1.000 unità rispetto al 2014 e di ben 3.000 unità rispetto al 2013, fermandosi al 30,5%, con un gap di genere altissimo: 26,6%.
La presenza delle donne nelle aziende medio grandi è del 27, 6% (dato che ci restituisce l’ultimo Rapporto sul personale femminile e maschile delle aziende medio grandi 2012-2013 a cura della Consigliera Regionale di parità e di Ipres).
In Puglia le donne beneficiarie di trattamenti pensionistici hanno un importo medio mensile delle pensioni di 540 euro, inferiore di 331 euro rispetto a quanto percepito dagli uomini, con un gap del 38%.
Le dimissioni da maternità (dato del 2014) sono di 1280 donne. Dal 2009 il dato è in costante crescita per l’inconciliabilità tra lavoro e cura. Alto anche il numero delle donne che denunciano alla consigliera di parità discriminazioni sul lavoro: professioniste, operaie, dipendenti pubbliche, precarie.