A pochi giorni dal voto per il rinnovo del governo cittadino a sette contendenti (Gerardo Bevilacqua – Voci Nuove; Francesco Disanto – Cerignola Adesso; Francesco Grieco – Movimento5Stelle, Franco Metta – Coalizione del cambiamento; Franco Paradiso – Sviluppo&Solidarietà; Tommaso Sgarro – Coalizione di centrosinistra; Paolo Vitullo – Coalizione di centrodestra), l’Immediato ha interpellato, i principali competitor di questa campagna elettorale che volge al termine. Le previsioni di voto accreditano Franco Metta, Tommaso Sgarro e Paolo Vitullo. E immaginano una sfida a due turni.
Seguendo l’ordine delle interviste rilasciate, è il turno di Franco Metta, sostenuto da un pacchetto a sei liste (“La Cicogna”, “Metta Sindaco”, “Cerignola Democratica”, “Ricambio Generazionale”, “i-Cattolici”, “Cerignola produce”). Da outsider cinque anni fa, l’avvocato penalista venne sconfitto al suo esordio elettorale come candidato sindaco. Conquistando un bottino a 8mila e passa voti ha smosso un’intera città, facendosi interprete del sentimento popolare di protesta e amara delusione, e ha costruito una vera e propria organizzazione civica, il movimento politico “La Cicogna”.
Cinque anni fa Lei era una voce in radio, l’outsider sostenuto da due liste civiche, una sagoma col cappello incorniciata dallo slogan tormentone “S’ò fè”, oggi tradotto in “Si può fare” e amplificato dalla forza di una coalizione a sei liste. Cosa è cambiato e quanto resta dell’humus della precedente campagna elettorale?
Non è stata una mutazione, piuttosto un’evoluzione. È stato un lungo lavoro, né semplice, né scontato. Siamo riusciti a coinvolgere energie diverse e non c’era più bisogno di una campagna elettorale con quei toni, ma c’era bisogno di una campagna elettorale da sindaco in pectore. D’altra parte i riscontri che sto avendo sono positivi, quindi vuol dire che questa evoluzione non è una contraddizione della prima campagna elettorale.
Rispetto a cinque anni fa, però, oggi la sua candidatura è rilanciata da navigati esponenti politici con una tradizione a sinistra e ha l’appoggio della Chiesa. Cosa differenzia il suo movimento politico dai partiti tradizionalmente intesi, alle prese con mediazioni e compromessi con i portatori di interessi?
La differenza con i partiti è che questi sono andati a raccogliere, anche tra i rifiuti, tutte le vecchie espressioni di questa politica. Non hanno pensato affatto a rinnovarsi, a fare una trasfusione di sangue civico, che potrebbe dare impulso ai loro programmi, alla loro presenza nel territorio. Si sono limitati, il centrodestra a raccattare i resti del disastro di Giannatempo, e il centrosinistra ha fatto un’operazione che politicamente mi è incomprensibile. Che bisogno aveva la dottoressa Gentile, di arricchire, tra molte virgolette, le proprie liste, con i Michele Specchio, che stava nella Cicogna, con i Marcello Moccia, con i Franco Conte, che hanno, secondo me, anche inquinato la loro specificità. Invece di aprirsi alla città, si sono aperti ai politicastri in cerca di casa. Credo che se noi vinceremo sarà un po’per merito nostro, un po’ per demerito dei nostri avversari. Quanto ai rischi di compromessi, anche in questo noto una differenza. Io vedo a sinistra, perché ho ristretto la competizione tra me ed Elena Gentile, questo è il voto del 31 maggio, un capo che esercita la sua autorità facendosi temere.

Tra di noi, spero di non sbagliarmi, vedo un leader che si fa amare tra le persone che sono state coinvolte. L’approccio con le liste è di estrema umiltà. Non sono andato in questi settori che non erano miei ad affermare una leadership, l’ho fatta riconoscere. E questo avrà influenza sul domani, perché se noi venissimo eletti amministratori non credo che avrò problemi a tenere coesa questa coalizione. Ci sarà, ovviamente, una dialettica e un confronto in cui il sindaco non si limita a gestire gli equilibri, ma mette insieme gli interessi e li rende tra loro compatibili. Credo che una futura amministrazione parta da basi condivise. Quello che ci rende comunque diversi dai partiti è la coesione, la compattezza. Il fatto che queste adesioni non siano frutto di un lavoro personale o di una campagna acquisti che io ho svolto. Sono il frutto di quella prima campagna elettorale, si sono, cioè, convinte energie e personalità, cittadini.
Non bastava più mormorare e lamentarsi ma bisognava assumersi responsabilità. I cattolici sono stati sempre bacino di voti. C’era sempre il candidato che andava a chiedere di essere il loro interprete o andava a contattare i commercianti, gli imprenditori. Quello che è passato è stato il mio messaggio che diceva: invece di delegare ad altri venitevi ad assumere le vostre responsabilità, venite ad amministrare. Se i cattolici, ad esempio, hanno una forza nell’associazionismo e volontariato, è giusto che siano poi loro a coordinare l’attività dell’amministrazione, in rete con queste realtà. Per i commercianti la stessa cosa. Perché mi devo occupare io di distretto commerciale se lo può fare il presidente di Confcommercio, con specifica esperienza?
Da qui la varietà delle liste?
C’è un candidato che ha 5 liste ma pescano dallo stesso serbatoio, dividono in più formazioni e il valore aggiunto sarebbero i vecchi politici che passano da destra a sinistra, i figli degli imprenditori o i figli di, che si sono candidati cercando di intercettare i consensi dei genitori. Il mio schieramento è veramente variegato. La strategia era questa: arrivare nei settori della società civile che io non sarei riuscito a raggiungere con le mie sole liste. Quindi il laicato cattolico, gli imprenditori e commercianti, i giovani. Solo una precisazione, i cattolici non rappresentano la Chiesa, ma il laicato cattolico. Non nascondo le simpatie che sto registrando negli ambienti cattolici vicini alle varie parrocchie. Ma è frutto del lavoro dei laici cattolici, non di uno schieramento della Chiesa, che non ho mai chiesto.
Ho il grande privilegio di godere dell’amicizia del vescovo Di Molfetta, che non mi ha fatto mai mancare il suo supporto spirituale quando ne ho avuto bisogno come cattolico. Ma non è il vescovo che sta facendo la campagna elettorale per Franco Metta. Il vescovo è un’istituzione e ho tanto rispetto per l’istituzione che non mi sarei mai sognato, nella maniera più assoluta, di chiedere un coinvolgimento. Se ci si rileggesse le omelie di monsignor Di Molfetta, si capirebbe che sono anni che invoca, cito testualmente, un colpo d’ala, uno scatto d’orgoglio, un volo più alto della politica. Non lo diceva a me, ma a tutti. Se poi noi abbiamo accolto questo stimolo. Non è frutto di un accordo Metta-Di Molfetta, ma frutto del fatto che una parte della società cittadina si è riconosciuta in quegli appelli e ha provato a dargli concretezza e a realizzarli.
Ha stretto un patto con le varie parti sociali, a guardare le sue liste, assegnando ruoli di protagonismo alle giovani generazioni. Ritiene ci sia anche un ruolo sociale dell’imprenditoria da esercitare nell’azione di governo?
Ci credo molto. Ho incontrato praticamente tutti gli imprenditori di Cerignola e la differenza che ho notato, rispetto a cinque anni fa, è questa. Cinque anni fa mi hanno ospitato per correttezza istituzionale: ero un candidato sindaco e nessuno mi ha negato la propria disponibilità a farmi incontrare le proprie maestranze. In questa campagna elettorale non è andata così. Ho registrato, e questo mi fa essere ottimista per il futuro, un pronunciamento espresso, ovunque sono andato, degli imprenditori, non in camera caritatis, ma pubblicamente a mio favore.
Questo è successo, per ultimo, due sere fa alla Confagricoltura, dove il presidente provinciale ha detto espressamente ai suoi associati che lui voterà per Franco Metta. Non so quanto questo influenzi la decisione dei vari agricoltori. Ma è un dato di fatto ed è successo anche da parte di altri imprenditori. Questo mi fa comprendere che ci sia uno schieramento veramente trasversale.
Condivide la scelta di schierarsi apertamente o ritiene che l’imprenditore debba continuare a fare l’imprenditore e nel suo ruolo operare in sinergia con l’ente pubblico?
Non vedo nulla di male nel fatto che un imprenditore decida di fare politica, mi sembra una cosa assolutamente legittima. Il problema è questo: si apre la campagna elettorale, il signor Francesco Grieco dichiara alla stampa che alle spalle del candidato sindaco del centrosinistra c’è suo padre. Questo è un segnale allarmante perché non è più l’imprenditore che aderisce a un progetto politico. C’è un progetto politico costruito da un imprenditore e questo significa creare conflitto di interessi e condizionamenti che si aggiungono ai condizionamenti della Gentile, del marito della Gentile. Ha uno spessore non tranquillizzante dal punto di vista della resistenza agli impulsi. Si è fatto finanziare la campagna elettorale. L’adesione degli imprenditori al mio progetto non si è mai tradotta in contributo economico alla mia campagna elettorale.
Era vicino al suo movimento Michele Grieco, ha partecipato in passato alle iniziative a marchio “La Cicogna”.
Grieco non è mai stato vicino al mio movimento. Questa è una leggenda metropolitana. Quello che è stata scambiata per vicinanza era il rapporto di collaborazione professionale, che poi si è interrotto, fra un importante esponente del mio movimento, cioè Elio Specchio, e il signor Michele Grieco. Sono stato molto offeso dal fatto che venisse dichiarato dal ragazzino, gli faccio sconto per la giovane età, che io inseguissi Michele Grieco. Non ho mai messo piede nella sua azienda. Io l’ho visto cinque anni fa quando mi fece incontrare le sue maestranze. Una cena, un pranzo, un caffè con Michele Grieco non l’ho mai preso. Non abbiamo rapporti che vanno oltre il semplice saluto. Mi meraviglio che una persona seria come Michele Grieco faccia dire al figlio sciocchezze così patenti. Poi, chi mi conosce lo sa, è difficile che io faccia la corte a qualcuno. Se Michele Grieco fosse stato interessato lo sarebbe stato alle mie condizioni. E cioè che non mi dai un euro.
Chi finanzia la campagna elettorale della coalizione del cambiamento?
Io ho pagato il materiale comune, cioè tutti i facsimile, in tutto 600mila, 200mila per lista, costato 8mila euro. Il Teatro Mercadante per la manifestazione pubblica della coalizione l’ho pagato io, per l’evento di Cerignola produce l’hanno pagato loro. Tutto il resto ognuno ha pagato per sé, dai manifesti alla benzina per la macchina che gira. Non c’è un commerciante, un imprenditore che possa dire di avermi dato dei soldi.
Questa è una cosa a cui tengo più della vittoria elettorale. Non potrei essere un sindaco condizionato dalle amicizie. Abbiamo avuto sempre questi sindaci condizionati dalle amicizie con Chicco Tavasci, c’è costato 10milioni di euro; l’amicizia con Ac Foggia, ci è costata 500milioni di euro; le amicizie con i gestori del canile comunale, e ci è costato il degrado di quella struttura e una cattiva pubblicità. Il sindaco deve essere indipendente, non accetta contributi. Me li hanno offerti, non li ho accettati.
Chi glieli ha offerti?
Questo no, non posso dirlo. Qualcuno che non aveva ben capito (sorride).
Contenuti e programmi sono tenuti spesso ai margini della campagna elettorale. Quali sono i dieci punti prioritari del suo programma di governo?
Non accetto l’impostazione delle iniziative dei primi 100 giorni o delle problematiche più urgenti. Ho parlato di programmi in tutta la campagna elettorale. Ne hanno parlato, sempre, tutte le liste. Non ho priorità, ritengo che un sindaco debba affrontare tutti i problemi contemporaneamente, avendo una squadra di governo allargata. E sarà la grande novità della nostra amministrazione. Un sindaco non più tuttologo, sul cui tavolo si scarica tutto.
Il giorno dopo la mia eventuale elezione, metterò a lavorare assessori, consiglieri comunali, nuovi dirigenti, tutti i cittadini che intendo delegare a specifici settori dell’attività amministrativa, senza fare una scala di priorità che poi finisce per essere una specie di libro dei sogni. Bisogna lavorare tutti su due velocità. Immediata percezione, in ogni settore, del cambiamento, anche attraverso interventi che non siano strutturali ma che producano risultati, anche i più semplici da conseguire. Non si può tradire l’attesa degli elettori, all’ansia di cambiamento va’ data una risposta immediata. Tutto questo per dare alla macchina amministrativa la possibilità di produrre la seconda velocità, quella degli interventi strutturali, che possono cambiare in maniera radicale la faccia della nostra città.
Brand Cerignola produce, pulizia e decoro urbano, garanzia di far funzionare la videosorveglianza sono interventi rapidi; poi, in prospettiva futura, interventi sullo sviluppo economico, pressione sociale sul rispetto delle regole. I servizi sociali li dobbiamo rivoluzionare. Credo che Cerignola in questa campagna elettorale abbia toccato il punto più basso della sua reputazione civica e quindi si tratta adesso di puntare i piedi sul fondo e cercare di risalire.
Si avverte grave e urgente l’ansia di risposte di contrasto alla piaga sociale della criminalità e illegalità diffusa nella società cerignolana, con una forte presenza di substrato mafioso. Quale impegno assume se dovesse essere eletto?
Cambiare il dirigente della Polizia municipale, per avere a capo una persona competente, adeguata affidabile, attendibile. Mettere in funzione la videosorveglianza e assumere alcune iniziative di legalità, cercando di instaurare un rapporto di stretta collaborazione con le forze dell’ordine, facendo una specie di graduatoria degli interventi. Sensibilizzazione e repressione severa senza eccezioni. Poi, invece di aspettare i miracoli che non sono arrivati dal governo nazionale, quello che un sindaco può fare è farsi ricevere dalla Questura per una richiesta semplice da esaudire, quella di avere a Cerignola la squadra mobile, che è l’organo deputato a fare le indagini sulla criminalità organizzata. Una richiesta concreta è che qui vi sia un’unità in maniera permanente: cinque persone che, dalla mattina alla sera, si occupano di rapine, estorsioni, spaccio di droga. La coperta è corta e se si dorme in compagnia bisogna essere più bravi a tirarla. Cerignola è in buona compagnia. Non è che San Severo, Manfredonia, la stessa Foggia stiano meglio. Dobbiamo farci ascoltare e valere con la credibilità di una classe dirigente.
Le si riconosce il merito di essere riuscito ad avvicinare facce nuove, persone che non avevano niente a che fare con la politica. Quale effetto ha prodotto sull’elettorato che si va a convincere porta a porta? È un elemento persuasivo o c’è diffidenza per il generale disamoramento?
Ho dei riscontri dal porta a porta con tutte le liste. C’è una predisposizione delle persone a cambiare e, quindi, già troviamo un elettorato orientato a votare per Metta sindaco. Ho arruolato e portato in campo, perché si occupino della città, persone rispettabilissime, affermate nel loro campo, che hanno sottoscritto con me una cambiale che dice che, qualunque sia l’esito personale elettorale, si è disposti a lavorare per l’amministrazione-Metta. Mi immagino che queste sei liste non si annullino e funzionino da cinghia di collegamento tra l’amministrazione e i cittadini. Ci vuole questa mobilitazione cittadina. Punto a fare su scala cittadina quello che ho fatto su scala limitata per le mie liste.
Che sentimenti ha per il voto del 31 maggio, che umori raccoglie?
Sono molto ottimista. Ho fatto una previsione a inizio campagna elettorale e la confermo. Secondo me il ballottaggio sarà Metta-Sgarro e noi stravinceremo. Non sono mai stato così tranquillo e sereno. Una stagione felice della mia vita. In questi mesi di campagna elettorale gli unici che mi hanno fatto arrabbiare sono i miei, che qualche volta cadono in qualche provocazione sui social network.
Crede che le provocazioni dei detrattori possano influire sul risultato elettorale? Gli effetti connessi all’esposizione mediatica hanno mai insidiato la sfera privata? Recentemente è stato oggetto di comunicazioni violente. Quanto pesano tra le mura domestiche?
Non posso offendermi per Michele Romano che fa una battaglia personale contro di me, perché non merita risposta chi dice che faccio le cattive azioni con il vescovo Di Molfetta. A cosa si riferisce? Questa ossessione per la droga… in sei anni, l’unico che si è fatto un’analisi sono io, cinque anni fa. E nessun politico mi ha seguito. Non ho mai avuto a che fare con la droga, in nessuna circostanza. L’unico punto debole, da questo profilo, poteva essere mia madre, che ha 83 anni. Abbiamo cercato di proteggerla da questa informazione, poi se mi chiede se la mia compagna abbia versato delle lacrime o l’abbiano fatto i miei figli, penso di sì, ma mi vogliono così tanto bene che non me lo hanno fatto notare, sapendo che me ne sarei fortemente addolorato. Io personalmente non c’ho dato mai nessun tipo di peso. Sono cose che non meritano risposta. Non ho risposto a nessuno e non risponderò a nessuno. Nemmeno a quelli che vogliono fare una polemica con me. Non mi interessa. Devo amministrare Cerignola, non devo polemizzare con Sgarro.
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