La telefonata di Michele Emiliano è prevista per 19.30, il candidato governatore è a Canale 5. L’aggiornamento è di Luigi Giorgione, detto Gino, che era stato l’altro giorno a Radio2: “Un figurone, ormai sei una star nazionale”. I complimenti via cellulare davanti a un pubblico numeroso gli arrivano dopo qualche minuto.
L’organizzazione conta oltre 400 persone nella sala di Formedil e, sia chiaro, “non sono venuti i politici di calibro nazionale come per altri candidati della stessa coalizione”. La gente è tutta sua: amici, sindacalisti, medici, pezzi importanti della sanità.
Si scioglie la tensione dell’attesa dopo la conversazione telefonica, si può proseguire nell’incontro finale del candidato Gino. L’uomo dall’inno (“Alla Regione vota Giorgione…”) giudicato trash sorride: “L’abbiamo fatto con il cuore, essere attenzionato dalle testate nazionali non può che farmi piacere ma invece di pensare alla mia canzoncina andassero a vedere quali sono stati i risultati dei consiglierei regionali”. Su facebook, un po’ sconcertato dall’attenzione mediatica, ha scritto: “Manca solo che mi chiami il presidente del consiglio Matteo Renzi”. Per la volata finale al candidato di Realtà Italia è arrivato, fra gli altri, il presidente nazionale del partito Giacomo Olivieri: “Non abbiamo bisogno di figli d’arte ma di persone ‘trash’ come te… che hai tre lauree, sai fare l’amministratore, sai stare fra a gente”. Un politico di grosso calibro per lui non è arrivato perché, essenzialmente, è un sindacalista della Uil. Giovanni Torluccio, segretario nazionale della federazione, approva: “E’ bene che un sindacalista scenda in politica per la gente, è una scommessa che facciamo insieme”.
Identikit del candidato
Alla fine l’identikit di Giorgione sommando gli interventi si definisce così: viene dalla palestra del sindacato, “figlio del popolo” che non sta accanto ai notabili, non è presentato dai parenti, un “accelerato” nel senso che non ci vorrà molto tempo per capire come muoversi in Regione (il consigliere regionale Tommy Attanasio aveva promesso una specie di “tutoraggio” dei suoi primi mesi). Vincenzo Blandamura (presidente nazionale di “Solidarietà e Democrazia”) lo definisce con un titolo già assegnato in Puglia, “Gladiatore che nell’arena chiede di stare uniti perché i tempi sono difficili e la domanda vera nella sanità è quanto valga la vita”. Il suo elettorato è trasversale, dai medici agli infermieri, dalla gente del popolo ai professionisti.
“Sono abituato alle rivendicazioni”
“Voi dite che se vado in Regione divento come gli altri? E mandatemi”. Il tono è da comizio ma non siamo in piazza: “Sono abituato alle rivendicazioni, anche alle nottate, sarò la persona che di questo territorio non si farà sfuggire niente. Tanti consiglieri uscenti non ci hanno mai risposto sul Don Uva in amministrazione controllata, in Regione non hanno aperto nemmeno un tavolo. Dov’erano quando parlavamo della Sangalli, del Pronto Soccorso, dell’aeroporto?”.
“L’unico 6×3 me l’hanno regalato”
E’ un chiodo fisso quello dei direttori generali della sanità che vengono promossi da graduatorie di altri territori dopo un corso in Puglia di quelli non nominati, un refrain la campagna elettorale “sobria”. “L’unico 6×3 me l’hanno regalato, ho fatto solo i santini e i manifesti che vedete spendendo una cifra irrisoria. Niente aperitivi né serate in discoteca, niente spettacoli, non mi sono nemmeno mescolato ad alcuni parlamentari quando hanno presentato la lista dei Popolari. Ma dopo il voto il primo stipendio da consigliere regionale sarà utilizzato per festeggiare le vittoria del consenso popolare”. Applausi e gente in piedi quando si cita Angelo Buo, assente per motivi personali e creatore dell’inno.