Le “donne in rete” di Foggia non l’hanno mandata giù la bocciatura della doppia preferenza (liste formate dal 50 per cento di uomini e 50 per cento di donne) in Consiglio regionale. Con un duro comunicato stampa accusano la politica per aver completamente abbandonato un “infaticabile confronto iniziato nel 2012 con la proposta di legge popolare (30mila firme raccolte in appena due mesi) e concluso con identico scenario il 27 novembre di quell’anno”. “Ci sorprende? – spiegano – La pagina nera era stata già scritta, la Rete pugliese nata intorno al Comitato, ‘Cinquanta e cinquanta’ sapeva (sapevamo) di rischiare. Ciononostante, il 7 febbraio scorso, riunite in Consiglio regionale, ci siamo interrogate intorno al tema ‘Chi ha paura delle donne?’. Soprattutto – continuano -, qual è la minaccia reale? E chi si sente in pericolo? Le risposte sono nella storia di donne che si piegano di meno ai poteri forti, al sistema patriarcale, alle logiche dei partiti. In una parola, le donne hanno un maggiore senso di attaccamento alla libertà. Fa paura il cosiddetto ‘A questo non ci sto’; si teme lo spettro di un conflitto con il sistema d’interessi codificato e strutturato nel tempo dalle regole, codici e codicilli maschili. Eppure tanti uomini hanno scoperto di fidarsi e affidarsi alle donne, sono al loro fianco, ne condividono l’anelito alla libertà che viene dalla pratica femminista. Sullo sfondo restano alcune domande: la presenza delle donne al cinquanta per cento nelle liste elettorali e la doppia preferenza da parte di elettori ed elettrici implicano automaticamente la loro elezione a consigliere? Questa bocciatura impedisce alle donne di candidarsi? Il lavoro fin qui svolto da donne e uomini che si sono confrontati nel sostenere la doppia preferenza finisce qui?”. Poi proseguono: “La negoziazione si è sempre giocata sul chiedere agli uomini di fare un passo indietro. II vero nocciolo della questione, infatti, è che è impossibile distinguere, a parte le esternazioni di rito, chi davvero pensa a un cambiamento meno funzionale ai giochi di potere. Le donne, si sa, possono fare le ancelle, eseguire ‘gli ordini del partito’, ma il rischio che si possano anche svincolare è più alto. Lo dimostra la statura politica delle donne che sono, o sono state, amministratici nei dieci anni del governo Vendola. Il Comitato ‘Cinquanta e cinquanta’ è nato dal desiderio di trasformare non solo le ‘regole’ di elezione, ma di incidere sull’immaginario del cambiamento. Il confronto ha investito più di un aspetto di come la differenza femminile poteva spostare la politica su un terreno più fertile, capace di sovvertire il concetto di delega alle elette a favore dell’idea di un mandato in movimento, in continuo confronto con la vita delle persone. Il pericolo di utilizzare la ‘bandiera’ del ‘Guarda come sono bravo io perché… nonostante tutto ti candido’ nasconde l’altro volto del patriarcato, il rapporto di forza e il dipendere dallo sguardo maschile. Il Comitato è stato e può essere ancora un luogo di politica, a patto che l’autenticità resti la ricchezza primaria e che la fretta di assecondare un desiderio di candidarsi non passi al setaccio della gestione strumentale del proprio nome”.