Non si piega alle minacce di morte di ‘Cosa nostra’ don Luigi Ciotti. “Il piccolo uomo innamorato della giustizia e della legalità”- come ama definirsi- tira dritto per la sua strada, con il Vangelo in una mano e la Costituzione nell’altra. La lotta per la legalità che il sacerdote, presidente di Libera, conduce dal 1995, prosegue senza interruzioni, senza timori, nemmeno dopo le minacce dal carcere del boss Totò Riina. Proseguono senza sosta anche le sue visite in ogni angolo d’Italia, per portare impronte di legalità e di speranza nelle terre bagnate dal sangue delle mafie e dalla corruzione. Lo scorso sabato, a sorpresa, don Ciotti, si è recato a Cerignola, “una terra meravigliosa- ha detto- ma anche molto amara, ricca di contraddizioni e di fragilità”. Accompagnato dai fedelissimi uomini della scorta e da Daniela Marcone, Referente del Coordinamento provinciale di Libera, Don Ciotti ha visitato personalmente il Presidio cittadino di Libera “Hiso Telaray”, coordinato da don Pasquale Cotugno, e due beni confiscati alla malavita locale: “Laboratorio di Legalità Francesco Marcone”, in Contrada Toro, e “Terra Aut”, in Contrada Scarafone. Il primo, un uliveto di tre ettari, un tempo appartenente al clan Giordano è assegnato alla cooperativa sociale “Pietra di Scarto”, presieduta da Pietro Fragasso. Il secondo, un vigneto, è uno dei più vasti beni confiscati al clan Mastrangelo, oggi affidato in gestione a Dora Giannatempo e Vincenzo Pugliese della Cooperativa Sociale “Altereco”. Due testimonianze concrete della vittoria dello Stato sulla mafia, a 20 anni dalla storica operazione Cartagine, a chiusura di una stagione feroce che ha contato 67 morti in sei anni. Due fette di terra in cui oggi si coltivano i frutti della ‘buona vita organizzata’, inseriti nelle maglie del mercato equo e solidale, creando occupazione e un nuovo orizzonte di senso.
Significativo l’arrivo del numero uno di Libera in un territorio in cui si nega la presenza della mafia e gli eventi criminali vengono ascritti alla crisi economica (leggi l’audizione del sindaco Giannatempo). “Ci tenevo a venire per vedere le vostre realtà – ha detto don Ciotti ai volontari di Libera Cerignola – per i ritorni che avevo di questo fermento che oggi è più che mai fondamentale per costruire un ‘noi’ con responsabilità. Voi siete un segno di speranza in un territorio con le sue positività ma anche con le sue contraddizioni. Sono venuto per esprimervi il mio affetto e la mia stima e per incoraggiarvi a proseguire in una strada che oggi è tutta in salita”.
“La visita di don Luigi Ciotti – ha commentato Don Pasquale Cotugno – incoraggia e sostiene un gruppo, una rete che stiamo cercando di formare a livello locale per diventare ogni giorno sempre più testimoni di giustizia e legalità in un territorio dove la mafia, la criminalità diventa modello culturale cui aderire. Don Ciotti per noi incarna un modo di vivere il Vangelo che ci spinge sempre di più a diventare cristiani credibili e coerenti e cittadini attivi e responsabili di una società che ci appartiene e che dobbiamo difendere”.
Una strada tortuosa, la lotta all’illegalità, specie in una frontiera difficile come la Capitanata. “La ‘Società’ foggiana – twittava lo scrittore Roberto Saviano nel 2013 – è la mafia più ignorata dai media, eppure potente”. Una realtà criminale che conta una trentina di gruppi, 78 omicidi e un migliaio di affiliati. Controlla un’intera provincia e taglieggia 8 commercianti su 10. Pochissimi la conoscono, nessuno ne parla, come ha denunciato il questore di Foggia in una drammatica audizione davanti alla Commissione parlamentare sui reati contro gli amministratori. “Senza verità non si costruisce giustizia”. Così ha tuonato don Luigi Ciotti, lo scorso sabato, nella Parrocchia di San Domenico, Quartier Generale del Presidio cittadino di Libera, poco prima di celebrare la Santa Messa, insieme a don Pasquale e a don Carmine Ladogana, vicario del Vescovo della Diocesi di Cerignola- Ascoli Satriano.
“Noi abbiamo bisogno della verità anche sulla morte di Francesco Marcone –ha aggiunto Don Ciotti -. Mi ha fatto molto piacere e anche un senso di grande emozione – ha detto Don Luigi – vedere all’ingresso di Laboratorio di Legalità Francesco Marcone, quel murale che riproduce il volto di un uomo onesto, ‘vittima del dovere’. Chi ha ucciso Francesco? Dei nomi precisi ci sono – denuncia -. Personaggi che vivono e che portano quella morte sulla coscienza ci sono. Sono stati omessi passaggi fondamentali con gravi responsabilità anche da parte di magistrati che non hanno fatto fino in fondo la loro parte. C’è stato un bravissimo magistrato, una donna, che aveva capito tutto. Purtroppo è morta di Sla. Sono elementi sufficienti, questi, per dire che c’è qualcuno che non vuole la verità. Libera vuole la verità”.
Poi un passaggio molto duro e spiazzante: “I primi veri nemici della lotta alla mafia sono le associazioni antimafia. Ci sono movimenti, realtà, più preoccupate alla difesa delle proprie etichette e del proprio protagonismo. C’è un’autoreferenzialità impressionante nel nostro Paese. Mi spiacciono certi malintesi, certe sottovalutazioni, porte chiuse, perché in Libera non ci possono essere amici di serie A e amici di serie B. Libera sono 1600 associazioni, 5mila scuole che aderiscono ai progetti e l’85 % delle facoltà universitarie. E’ un mondo immenso. Ma poi apprendi cose che stonano, magari per mille ragioni, ma le ragioni si possono superare quando l’obiettivo è comune”.
“Dobbiamo valorizzare le cose positive ma anche riflettere su quelle negative per migliorarle”- ha più volte ripetuto. E uno dei punti su cui il padre di Libera ha invitato a riflettere, è proprio il mondo dell’associazionismo. “Anche il terzo settore è chiamato ad interrogarsi e a farsi un esame di coscienza – ha dichiarato -. Ci sono delle brutte storie in giro, tanti che hanno usato la vicenda dei migranti e l’etichetta di ‘antimafia’. Ma l’antimafia è un modo di coscienza, non una carta d’identità che uno tira fuori a seconda delle circostanze. Lo stesso Gruppo Abele, il gruppo nel quale vivo da 50 anni, tra i poveri, gli ultimi, si è indebitato con le banche per 3 milioni di euro per non lasciarsi intrappolare da certi meccanismi. Se fossimo entrati in un certo circuito non avremmo neanche un debito. Ma dobbiamo andare a testa alta e non scendere a compromessi, perché alla fine essere onesti paga” – assicura don Ciotti.
Aria di cambiamenti anche in casa Libera, annuncia. “A Contromafie ho chiuso i lavori dicendo che dopo 20 anni, Libera non sarà più come prima. Stiamo lavorando per ridefinire lo statuto, l’organizzazione, i principi di una linea fondamentale perché – ha spiegato – in questi 20 anni in cui si è parlato di più di legalità è cresciuta l’illegalità nel nostro Paese. Siamo stati protagonisti dell’educazione alla legalità ma dall’altra parte non si sono posti argini a leggi, meccanismi, politiche che viaggiano alla velocità opposta. Non riusciamo ad avere una legge completa sulla corruzione pubblica, sull’auto-riciclaggio. Sono 2 anni che per i nuovi beni confiscati è tutto bloccato. Se si sbloccassero delle norme già predisposte-precisa- avremmo 55mila beni già individuati in Italia. Vorrebbe dire un’esplosione di opportunità. Ma bisogna dare accesso al credito, bisogna che la politica utilizzi i soldi confiscati ai mafiosi per i familiari delle vittime, per i testimoni, e per riqualificare quei beni e fare in modo che si dia occupazione a migliaia di giovani. E’ un Paese, l’Italia, in cui il mondo giovanile è schiacciato dentro. Allora ci vuole una grande volontà politica, una grande spinta”.
Ma Don Ciotti mette anche in allerta: “Le mafie nel nostro Paese hanno ripreso alla grande – ha confessato – Le mafie sono forti quando la politica è debole. E le mafie sono ancora più forti quando la democrazia è pallida. Noi abbiamo una democrazia molto pallida. Avete visto quante leggi di compromesso ci sono state anche negli ultimi tempi e che non avremmo voluto”.
Un’analisi attenta e puntuale delle mafie e del fronte dell’antimafia, la denuncia che diventa progetto, ma anche moniti che toccano le corde più profonde dell’animo, nelle parole di don Luigi Ciotti a Cerignola. “Se trovate qualcuno che ha capito tutto, che sa tutto, salutatemelo personalmente e cambiate strada – ha detto ai giovani operatori del presidio di Libera -. Diffidate da chi sa tutto, di chi ha capito tutto, da chi ci fa delle analisi tecnicamente perfette ma vuote di significato. Abbiamo bisogno di parole di carne, di parole vere, di cose concrete. Abbiamo bisogno di segni”.