
Non sembrano esserci vie d’uscita dalla crisi dei sistemi sanitari regionali nel Mezzogiorno. La Puglia, negli ultimi anni del governo Vendola, ha portato a termine un piano di rientro doloroso con tagli trasversali ed il blocco delle assunzioni e del turnover del personale. Così, adesso, il paradosso è che sono migliorati i conti ma ci si ritrova con reparti perennemente senza personale e servizi sempre più carenti. Dalle chiusure degli ospedali pubblici, al contenimento dei tetti di spesa della sanità privata, nessuno si è salvato dalle sforbiciate del “piano lacrime e sangue” alle quali si sono aggiunti i provvedimenti nazionali previsti dalla spending review.
Come se non bastasse, all’orizzonte si palesano le nubi oscure dei tagli per 5,2 miliardi di euro previsti da Roma. “Bisognerà comprendere quali saranno le modalità di attuazione di questa previsione – afferma a l’Immediato l’assessore regionale al Bilancio Leonardo Di Gioia -, per la Puglia sono previste riduzioni nell’ordine di 360 milioni di euro. Cercheremo di tenere al riparo la sanità, già troppo fiaccata in questi anni”. Solo che in qualche modo bisognerà trovarle altrove le risorse, e si prevedono interventi con sui fondi Fas inutilizzati, sui trasferimenti agli enti locali e sulla fiscalità. Sarà una partita decisiva per una regione che si appresta ad eleggere il nuovo governatore.
La dimostrazione dell’importanza della partita arriva dall’ultima relazione della Corte dei conti sulla gestione finanziaria degli enti locali per il 2013. La sintesi è preoccupante: senza investimenti nella sanità, soprattutto nell’assistenza domiciliare e territoriale e nell’ammodernamento tecnologico, sono a rischio i Livelli essenziali di assistenza (Lea). Finora, infatti, il riassorbimento dei deficit regionali è stato ottenuto “con tagli lineari sulle principali voci di spesa (farmaceutica e personale) – spiega la Corte – ma altri risparmi, ottenibili aumentando l’efficienza, se non reinvestiti in ambiti come l’assistenza territoriale e domiciliare o nella tecnologia, potrebbero rendere problematico il mantenimento dell’attuale assetto dei Livelli essenziali di assistenza, facendo emergere, nel medio periodo, deficit assistenziali, più marcati nelle Regioni meridionali”.
Nella relazione la Corte rileva anche che gli italiani spendono sempre di più per i farmaci: dal 2009 al 2013 a fronte di un aumento del numero di ricette del 6,3% gli importi usciti dalle tasche dei cittadini per ticket e compartecipazione al prezzo di riferimento dei farmaci sono aumentati del 66,6%. Nel 2013 gli italiani hanno versato al Sistema sanitario nazionale per i farmaci 1.436 milioni, con una media pro capite di circa 24 euro (di cui nove per ticket sulle ricette).